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Violazione contestata diversa da quella nella lettera di recesso: reintegrazione

Pubblicato il 30 agosto 2018 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

È stata confermata, dalla Corte di cassazione, una decisione di secondo grado che, nell’ambito di una controversia di lavoro, aveva annullato il licenziamento intimato ad un lavoratore, condannando la Srl datrice di lavoro a reintegrare il dipendente e a pagare, in favore di quest’ultimo, un’indennità risarcitoria.


Quest’ultima era stata quantificata nell’importo pari a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, detratto l'aliunde perceptum, ai sensi dell'articolo 18 comma IV della Legge n. 300/1970, oltre accessori, dalla data del licenziamento al saldo.


In particolare, era stato accertato che il licenziamento era stato irrogato per una violazione disciplinare diversa da quella indicata nella lettera di recesso: la lettera di contestazione, infatti, aveva riguardo, come fatto addebitato, ad un solo episodio di assenza ingiustificata dal posto di lavoro per tre giorni consecutivi, mentre la comunicazione del licenziamento citava la specifica disposizione del CCNL di categoria ove era prevista la recidiva nelle condotte sanzionabili.


Contro questa decisione, la società aveva fatto ricorso in sede di legittimità dolendosi, tra gli altri motivi, del giudizio operato dalla Corte di appello in ordine alla sussunzione della fattispecie nella previsione del IV comma dell'articolo 18 della Legge n. 300/1970 novellato, sollecitando, per contro, l'applicazione del meccanismo sanzionatorio di cui al V e/o dal VI comma del medesimo articolo 18 (applicazione di un’indennità risarcitoria tra le sei e le 12 mensilità senza reintegrazione).


La Suprema corte – sentenza n. 21265 del 28 agosto 2018 – ha aderito alle conclusioni rese dai giudici di merito riconoscendo che nel caso in esame non si verteva in un’ipotesi di violazione formale o procedurale, bensì di vizio sostanziale, mancando, nella lettera di contestazione, la recidiva che costituiva elemento costitutivo della sanzione espulsiva.


Secondo la sezione lavoro della Cassazione, in una situazione come quella di specie, in cui il fatto posto a base del recesso era diverso da quello contestato perché comprendente un nuovo elemento costitutivo della fattispecie, rappresentato dalla recidiva, non era applicabile la invocata tutela di cui al V comma.

 

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