Un’azienda in crisi può decidere di ridurre il personale solo in alcune unità produttive. Nella comunicazione iniziale di licenziamento «si evince in maniera inequivoca la scelta imprenditoriale, insindacabile in quanto espressione della libertà tutelata dall’articolo 41, comma 1, della Costituzione, di procedere ad una riduzione del personale limitatamente a specifiche unità produttive e di potenziarne altre...sulla base di motivi sottratti al controllo giurisdizionale sotto il profilo del merito».
È questo uno dei passaggi più rilevanti della sentenza 4004/2018 della Corte d’appello di Roma relativo a uno dei numerosi ricorsi presentati dai dipendenti di Almaviva in relazione alla chiusura della sede di Roma del call center, una decisione che ha coinvolto 1.666 lavoratori.
I giudici ritengono validi anche i motivi che hanno portato l’azienda a escludere la comparazione dei dipendenti della sede di Roma con quelli di Rende e Palermo, in quanto, come sostenuto dall’azienda, l’eventuale trasferimento, formazione professionale necessaria per destinarli a nuove commesse e l’incompatibilità dei regimi orari applicati, avrebbe reso troppo costosa l’operazione a fronte di una situazione economica già difficile.
Non è stato ritenuto fondato nemmeno il motivo di opposizione per cui nella comunicazione iniziale della procedura di licenziamento non è stata indicata la disponibilità di 75 trasferimenti, mentre questa opzione è stata inserita nelle lettere di licenziamento. Secondo i giudici, già nella comunicazione iniziale era chiaro che la società era disponibile a valutare soluzioni alternative alla cessazione, tra cui i trasferimenti, ma tale possibilità non è stata presa in considerazione dai sindacati.
Infondata, infine, l’ipotesi di licenziamento discriminatorio e ritorsivo per non aver i lavoratori accettato la riduzione di retribuzione. La Corte rileva che i dipendenti rifiutarono di proseguire la trattativa, prima ancora di arrivare a ipotesi concrete di riduzione dei costi.