Con l'approfondimento del 5 novembre 2018 la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha analizzato la disciplina del decreto Dignità in materia di somministrazione di lavoro facendo seguito alle indicazioni contenute nella circolare n. 17 del 31 ottobre 2018 del Ministero del lavoro. In particolare, la circolare ministeriale, evidenzia la Fondazione, precisa che, nel caso in cui si superi il periodo di 12 mesi presso lo stesso utilizzatore o ci sia un rinnovo della missione, il contratto di lavoro stipulato dal somministratore con il lavoratore dovrà indicare una motivazione riferita alle esigenze dell’utilizzatore medesimo.
Il decreto Dignità ha introdotto importanti modifiche alla disciplina della somministrazione di lavoro su cui è recentemente intervenuto anche il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare n. 17 del 31 ottobre 2018, fornendo alcune indicazioni interpretative.
La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro con l'approfondimento del 5 novembre 2018 analizza gli effetti della nuova normativa al fine di favorire la corretta applicazione della nuova disciplina in materia di somministrazione di lavoro.
L’articolo 2 del decreto Dignità ha esteso al rapporto tra l’agenzia di somministrazione e il lavoratore la disciplina del contratto a tempo determinato. La durata massima del contratto di somministrazione a tempo determinato (senza indicazione di causale) non può essere superiore a 12 mesi sulla base di un calcolo riferito all’impresa utilizzatrice. Il contratto può comunque essere prolungato eccedendo tale limite, non oltre 24 mesi o fatte salve diverse disposizioni della contrattazione collettiva, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 17 del 31 ottobre 2018, ha precisato che il limite temporale di 24 mesi, efficace sia in caso di ricorso a contratti a tempo determinato sia nell’ipotesi di utilizzo di contratti di somministrazione a termine, deve essere valutato con riferimento al rapporto che il lavoratore ha avuto con il singolo utilizzatore. A tal fine occorre considerare sia i periodi svolti con contratto a termine, sia quelli in cui sia stato impiegato in missione con contratto di somministrazione a termine, per lo svolgimento di mansioni dello stesso livello e categoria legale. Ai fini di tale computo si deve tenere conto di tutti i rapporti di lavoro a termine a scopo di somministrazione intercorsi tra le parti, compresi quelli antecedenti alla data di entrata in vigore della riforma.
Raggiunto tale limite, fatte salve diverse disposizioni della contrattazione collettiva, il datore di lavoro non potrà più ricorrere alla somministrazione di lavoro a tempo determinato con il medesimo lavoratore per svolgere mansioni di pari livello e categoria legale.
Il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle causali individuate dal decreto Dignità. Il contratto di somministrazione a tempo determinato può essere prorogato oltre i 12 mesi solo se le ragioni individuate restano invariate rispetto a quelle che hanno giustificato l’assunzione a termine. In caso contrario si darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine, ricompreso nella disciplina dei rinnovi.
Ferma restando la percentuale massima del 20% di contratti a termine prevista dall’art. 23 del d.lgs. n. 81/2015, possono essere contemporaneamente presenti nell’impresa utilizzatrice lavoratori assunti a tempo determinato e inviati in missione per somministrazione a termine entro la percentuale massima del 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti. Anche in tale fattispecie resta comunque ferma la facoltà per la contrattazione collettiva di individuare percentuali diverse, in riferimento alle esigenze dei diversi settori produttivi.
Il limite percentuale del 30% trova applicazione per ogni nuova assunzione a termine o in somministrazione avvenuta a partire dal 12 agosto 2018. Pertanto, qualora presso l’utilizzatore sia presente una percentuale di lavoratori a termine e somministrati a termine (con contratti stipulati in data antecedente al 12 agosto 2018) superiore a quella fissata dalla legge, i rapporti in corso potranno continuare fino alla loro naturale scadenza. In tal caso non sarà possibile effettuare nuove assunzioni né proroghe per i rapporti in corso, fino a quando il datore di lavoro o l’utilizzatore non rientri nei nuovi limiti.
Il lavoratore somministrato non è computato nell'organico dell'utilizzatore ai fini dell'applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Inoltre, nei casi in cui la missione dei lavoratori con disabilità abbia una durata non inferiore a 12 mesi, il lavoratore somministrato è computato nella quota di riserva di cui all'articolo 3 della Legge n. 68/1999.
Introdotta la fattispecie della somministrazione fraudolenta. Ferme restando le sanzioni previste dalla normativa vigente in caso di violazione di norme in materia di somministrazione di lavoro (di cui all'art. 18 del d.lgs. n. 276/2003), quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con un’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione.
Rimane invariata la disciplina contenuta all’interno dell’art. 31. c.1 del d.lgs. n. 81/2015, in riferimento al contratto di somministrazione a tempo indeterminato.