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Il termine per la comunicazione dei licenziamenti collettivi va interpretato rigidamente

Pubblicato il 05 novembre 2018 Il Sole 24 Ore; Italia oggi

L'articolo 4, comma 9, della legge numero 223/1991 dispone che, in caso di licenziamenti collettivi, l'elenco dei lavoratori licenziati debba essere comunicato per iscritto dal datore di lavoro all'Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l'impiego e alle associazioni di categoria. Nell'elenco devono essere specificati il nominativo, il luogo di residenza, la qualifica, il livello di inquadramento, l'età e il carico di famiglia dei lavoratori interessati e devono essere indicate le modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta previsti dalla stessa legge. Il termine per provvedervi è oggi fissato in sette giorni dalla comunicazione dei recessi.

Di tale termine si è di recente interessata la Corte di cassazione (sentenza 2 novembre 2018, n. 28034), rilevando come, al fine di valutarne la natura e la portata, sia necessario considerare innanzitutto che lo stesso non compariva nella versione della norma antecedente alla legge numero 92/2012 - ove si stabiliva che le predette comunicazioni dovessero essere inviate contestualmente alla comunicazione del recesso - e fare riferimento alle interpretazioni che di tale circostanza erano state date.

In ordine alla contestualità, la giurisprudenza aveva chiarito che la stessa doveva essere intesa nel senso di una "necessaria ed ineliminabile contemporaneità delle due comunicazioni" (Cass. n. 7490/2011), da valutarsi "alla luce del criterio dell'attitudine dell'intervallo di tempi … a pregiudicare le opportunità di informazione e assistenza del lavoratore nell'esercizio del suo diritto all'impugnazione" (Cass. n. 67/2017).

Al fine di evitare il protrarsi delle precedenti possibili discrasie che comunque si verificavano al momento di specificare concretamente il termine entro il quale effettuare la prescritta comunicazione, la riforma Fornero lo ha quindi individuato in sette giorni che, per i giudici della Cassazione, vanno interpretati in maniera cogente e perentoria, al pari della precedente contestualità, rigidamente intesa nel corso degli anni dalla giurisprudenza.

Tale termine rappresenta una sintesi delle finalità interne alla comunicazione della quale è onerato il datore di lavoro, che sono quelle di consentire alle organizzazioni sindacali e ai lavoratori per il loro tramite di controllare che il datore di lavoro abbia applicato correttamente i criteri di scelta dei dipendenti da licenziare ed, eventualmente, di sollecitare la revoca del licenziamento che li abbia violati prima ancora di rivolgersi al giudice per farne dichiarare l'inefficacia. Proprio tali finalità impediscono, per la Corte, di interpretare il termine di sette giorni in maniera elastica, imponendo, piuttosto, una valutazione rigorosa circa il suo effettivo rispetto da parte del datore di lavoro.


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