Secondo la Corte di cassazione (sentenza 31872/2018 ), nell’ambito di un licenziamento collettivo il riferimento all’alta specializzazione dei lavoratori, quale criterio di scelta alternativo ai parametri legali dei carichi familiari e dell’anzianità di servizio, non costituisce una formulazione generica, tale da rendere discrezionali le scelte compiute dall’impresa nella individuazione dei dipendenti in eccedenza.
In una realtà produttiva caratterizzata da particolare e specifica specializzazione, nella quale sono richieste competenze tecniche espressamente tarate sul settore in cui opera l’azienda, il criterio selettivo del possesso di elevate competenze specialistiche non può ritenersi né generico, né arbitrario. Al contrario, precisa la Cassazione, proprio per la peculiarità e l’alta specializzazione delle lavorazioni, il ricorso a tale criterio assolve allo scopo, cui è preordinata la procedura collettiva di riduzione del personale, di salvaguardare la continuazione dell’attività dell’impresa. Non privandosi di quelle risorse che, in relazione alle speciali competenze tecniche possedute, sono indispensabili per la continuazione del business aziendale, il criterio di selezione dell’alta specializzazione è più funzionale, rispetto ai criteri di legge (anzianità di servizio e carichi familiari) derogati dall’accordo sindacale, per scongiurare la cessazione dell’attività e, quindi, per tutelare l’occupazione.
Il caso sul quale è stata chiamata a pronunciarsi la Suprema corte è relativo al licenziamento collettivo avviata da un’impresa che opera nel settore della bonifica bellica, dove posizioni strategiche sono assolte attraverso personale laureato con competenze specializzate, tra l’altro, in ingegneria ambientale e in geologia. Uno dei lavoratori licenziati, ingegnere elettronico, ha impugnato il provvedimento sul presupposto che il riferimento nell’accordo sindacale al criterio della «alta specializzazione in funzione delle esigenze tecnico produttive dell’azienda» fosse inidoneo di per sé a delimitare il perimetro di una effettiva esigenza aziendale, finendo per affidare la scelta dei dipendenti in esubero alla discrezionalità del datore di lavoro.
In primo grado e in appello il riferimento alla specializzazione è stato ritenuto criterio illegittimo, con conseguente obbligo di fare applicazione dei criteri di scelta di legge. La Cassazione riforma la sentenza d’appello e osserva che, tutto al contrario, in un contesto produttivo caratterizzato da una particolare e delicata specializzazione, il criterio selettivo delle elevate competenze specialistiche non è generico, né arbitrario, ma soddisfa la ratio della procedura collettiva di riduzione del personale, che è quella di consentire la prosecuzione dell’attività aziendale con il minimo impatto sui livelli occupazionali dell’impresa.