Alcune disposizioni del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (approvato definitivamente ma non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale) sfuggono alla dilazione di 18 mesi dell’entrata in vigore: L’operatività scatterà infatti 30 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta. Fra queste la modifica all’articolo 2486, cod. civ. sulla responsabilità degli amministratori. L’articolo 377, cod. civ. introduce nell’ambito della liquidazione giudiziale, un parametro presuntivo di quantificazione dei danni arrecati dall’organo amministrativo in caso di mancato scioglimento della società, in base ai poteri affidatigli dall’articolo 2486, cod. civ. in tema di conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale. Il nuovo Codice delle crisi stabilisce invece che, in assenza delle scritture contabili, o quando la loro irregolarità o altre ragioni non permettano la determinazione dei netti patrimoniali, il danno va liquidato in misura pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica (o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura) e il patrimonio netto alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione, detratti i pertinenti costi.
Il Codice della crisi d’impresa ha quindi posto una pietra miliare non solo nell’individuazione di un parametro oggettivo, ma soprattutto ha fornito un nuovo parametro quantitativo del danno cagionato dagli organi sociali, da cui difficilmente la giurisprudenza potrà discostarsi.
Una quantificazione che, pur essendo qualificata come presuntiva e, quindi, sottoposta alla prova contraria dei soggetti convenuti, può essere certamente definita come punitiva per quegli organi sociali che con il loro comportamento hanno impedito quell’emersione precoce della crisi che caratterizza le procedure di allerta e costituisce la vera spina dorsale della nuova disciplina.