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Per le controllate estere passive income test da definire

Pubblicato il 29 gennaio 2019 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

Il D.Lgs. 142/2018 elimina la tradizionale bipartizione delle regole Controlled foreign companies (Cfc) in «black e white», e adotta un modello in larga parte simile a quello della «Cfc white». Il decreto prevede 2 condizioni affinché il soggetto controllato estero sia attratto nella disciplina in esame: un tax rate test e un passive income test (soddisfatta se oltre un terzo dei proventi realizzati dal soggetto estero rientra in una delle sette categorie specificamente elencate dal nuovo comma 4, lettera b), articolo 167, Tuir. È ragionevole attendersi che, nell’interpretare le nuove norme, l’Agenzia delle entrate si rifaccia alle indicazioni fornite in merito alla vecchia normativa «Cfc white». Per quanto più precisamente attiene al passive income test, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che debbano considerarsi rilevanti anche i proventi (lordi) da valutazione che risultano dal Conto economico della controllata estera, ivi inclusi, purché fiscalmente rilevanti, quelli imputati direttamente a patrimonio netto, per effetto della corretta applicazione dei principi contabili Ias/Ifrs. Il dubbio è ancora più evidente per eventuali investimenti della Cfc in titoli azionari dato che, in conformità a quanto previsto dalla direttiva Atad, l’elenco dei «tainted income» del novellato articolo 167, Tuir prevede soltanto “dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni”.