Il contratto di leasing ha da sempre costituito un negozio accompagnato da numerosi problemi interpretativi (e di soluzione) in materia concorsuale, e in particolare nella procedura di fallimento. Ora, anche se l’articolo 177 del Codice della crisi e dell’insolvenza ha sostituito l’articolo 72, nella sostanza, i principi fissati dalla precedente riforma restano invariati. Infatti, il nuovo articolo 177 del Codice, prevede che: se la liquidazione giudiziale concerne il concedente, e quindi la società di leasing, il contratto non si scioglie, e l’utilizzatore ha la facoltà di riscattare il bene se previsto, pagando il prezzo contrattuale; se la liquidazione riguarda l’utilizzatore, il concedente ha invece diritto alla restituzione del bene, dovendo versare al curatore la differenza tra il credito residuo insinuabile e la maggior somma ricavata dalla vendita o altra allocazione del bene. A meno che tale delta sia a credito del concedente, per il fatto che la vendita o allocazione sia inferiore al credito contrattuale, che pertanto diviene oggetto di insinuazione (articolo 177, comma 2). Ed è a questo riguardo che viene introdotta una novità: il comma 2 precisa infatti che l’insinuazione viene fatta sulla base di una stima disposta in sede di verifica del passivo e salvo conguaglio in sede di riparto, sulla base del ricavato effettivo. In altre parole: la stima serve per una insinuazione condizionata al passivo.