L’articolo 603-bis del codice penale, riformulato dalla legge 199/2016, ha previsto due distinte figure di incriminazione: l’intermediazione illecita di manodopera e lo sfruttamento lavorativo.
Su tali due elementi si sofferma la circolare 5/2019 emanata ieri dall’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl), con la quale vengono fornite agli ispettori le prime linee guida da adottare durante l’attività di vigilanza finalizzata a debellare o, quanto meno, a contenere tale grave reato le cui vittime, il più delle volte, sono persone in difficoltà lavorativa e/o economica e spesso stranieri.
La circolare individua l’intermediazione illecita nell’attività di chiunque (i cosiddetti caporali) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno di lavoratori. Ad esso si associa chi utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno.
Fermo restando che il reato in questione è spesso associato alle attività agricole, anche perché i lavoratori interessati sono di più facile impiego, anche dal punto logistico, la circolare non manca di prospettare il possibile ricorso a tale reato in altri settori , quale quello dei servizi, da parte di alcune imprese che realizzano forme di intermediazione illecita con vantaggi in termini di abbattimento abnorme dei costi di lavoro a danno dei lavoratori coinvolti e degli stessi istituti assicurativi e previdenziali.
Gli elementi costitutivi del reato in questione vanno individuati, come ricorda l’Inl, nello sfruttamento lavorativo e «nell’approfittamento» dello stato di bisogno del lavoratore, che si identifica con la strumentalizzazione a proprio favore della situazione di debolezza della persona che diviene così la vittima del reato.
La circolare non manca di suggerire eventuali indici che potrebbero essere utili all’ispettore per ipotizzare, in fase accertativa, lo sfruttamento lavorativo. Si fa riferimento alla «reiterata» corresponsione di retribuzioni palesemente difformi (in peggio) dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
Rientra nella fattispecie la reiterata violazione della normativa relativa alla limitazione dell’orario di lavoro, della concessione dei riposi e delle ferie, o anche la negazione del diritto ad assentarsi dal lavoro in tutti i casi in cui tale forma di tutela è obbligatoriamente prevista (per esempio in gravidanza), ovvero alla sussistenza di violazioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Poiché tali comportamenti, assunti autonomamente, concretizzano violazioni punite anche con sanzioni amministrative, l’ispettore, indipendentemente dall’accertamento della reiterazione che di per sé può concretizzare la fattispecie più grave di cui all’articolo 603-bis del codice penale, attiverà la procedura sanzionatoria amministrativa.