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Apprendistato, trasformazione più cara

Pubblicato il 11 aprile 2019 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

Più salata, per i datori di lavoro che occupano un numero di addetti pari o inferiore a nove, la trasformazione del contratto di apprendistato di primo livello in uno di apprendistato professionalizzante. Secondo l'Inps, infatti, dalla trasformazione devono applicare l'aliquota contributiva piena, anche se la variazione cade nel primo biennio di vigenza contrattuale.

La precisazione, contenuta nel messaggio 1478/2019 diffuso ieri, nega di fatto il riconoscimento della modulazione contributiva prevista dall'articolo 1, comma 773, della legge 296/2006 che, invece, prevede una articolazione agevolata del contributo per i primi due anni di contratto, a prescindere dalla tipologia di apprendistato.

L'affermazione dell'Inps – che peraltro interviene a quasi 4 anni dell'entrata in vigore del Dlgs 81/2015 – lascia perplessi e non sembra in linea con la normativa vigente. Il comma 773 della legge 296/2006 ha introdotto, dal 1° gennaio 2007, una contribuzione in percentuale (10%), superando quello fisso settimanale in vigore fino al 2006. La stessa disposizione, per attenuare l'impatto dell'aumento, ha previsto un regime agevolato per le aziende sino a 9 addetti, consistente nell'applicazione dell'1,5% per il primo anno e del 3% dal secondo anno di apprendistato. La norma riconosce il particolare regime contributivo per qualsiasi tipo di apprendistato.

Successivamente, l'articolo 43, comma 9, del Dlgs 81/2015 ha previsto la possibilità di trasformare i contratti di apprendistato di primo livello in professionalizzanti ma solo dopo il conseguimento della qualifica, del diploma professionale o del diploma di istruzione secondaria superiore. La trasformazione ha lo scopo di far conseguire, al lavoratore, la qualificazione professionale ai fini contrattuali.

È proprio su questo punto che interviene l'Inps con un'interpretazione che non appare condivisibile. Confermando la previsione normativa che regola la durata complessiva dell'apprendistato, l'istituto afferma che la trasformazione non comporta la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, ma la continuità dell'originario contratto. Tuttavia, si legge nel messaggio, per le aziende che occupano un numero di addetti pari o inferiore a nove, la riduzione stabilita dalla legge 296/2006, trova applicazione limitatamente ai periodi contributivi afferenti alla formazione di primo livello.

Conseguentemente, a decorrere dalla data di trasformazione del contratto, l'aliquota di contribuzione a carico del datore di lavoro è intera, anche se la modifica interviene nel primo biennio del rapporto.

Per completezza di informazione, ricordiamo che l'aliquota intera, a carico delle aziende, fissata originariamente al 10%, ha subito negli anni un incremento. Oggi alla stessa si aggiungono anche quelle di finanziamento della Naspi (1,61%, comprensivo dello 0,30% destinabile ai fondi interprofessionali per la formazione continua) nonché, per i datori che vi rientrano, della Cigo/Cigs o dei fondi di solidarietà.

Su questo ultimo punto non va dimenticato che, nell'ipotesi in cui gli apprendisti siano assunti da un'azienda editoriale o da un'agenzia di stampa, tra i contributi dovuti all'Inps per gli apprendisti, figurano sia la Cigo, sia la Cig non rilevando - per questa tipologia datoriale – ai fini del contributo Cigs, il numero dei dipendenti occupati.

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