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Regime forfetario e problematiche giuslavoristiche

Pubblicato il 24 aprile 2019 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

Con circolare n. 9 del 10 aprile 2019, l'Agenzia delle entrate ha illustrato il c.d. regime forfetario, introdotto dalla L. 190/2014 e ora modificato dalla L. 145/2018, il quale consente l'applicazione di una flat tax del 15% (5% per le start up) a favore di contribuenti persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni con ricavi e compensi non superiori a euro 65.000 nell'anno precedente.

Il regime agevolativo porta con sé una serie di interrogativi di carattere giuslavoristico e tributario del lavoro sui quali vale la pena soffermarsi brevemente anche in virtù della ratio legis volta ad evitare artificiose trasformazioni di attività da lavoro subordinato in lavoro autonomo.

A tal fine è esplicitamente previsto che non possono avvalersi del regime forfetario le persone fisiche la cui attività sia esercitata "prevalentemente" nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta (c.d. periodo di sorveglianza) ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatorio ai fini dell'esercizio di arti o professioni.

Il concetto di prevalenza, che deve essere valutato solo in presenza di un rapporto di lavoro subordinato nel periodo di sorveglianza, deve essere visto in senso assoluto e consolidato.

In sostanza, per poter mantenere il regime agevolativo, solo al termine del periodo d'imposta potrà essere verificato se i ricavi o i compensi fatturati al datore di lavoro non saranno superiori al 50% dell'intero importo fatturato nel medesimo anno.

A parere dell'Agenzia delle entrate, non saranno soggetti alla causa ostativa i lavoratori dimissionari per pensionamento, ma solo laddove il pensionamento sia "obbligatorio ai termini di legge", definizione quest'ultima che lascia qualche dubbio.

Di particolare interesse è l'interpretazione fornita dall'Agenzia delle entrate alla locuzione "datori di lavoro"; la causa ostativa si applica solo ad alcune tipologie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente quali, semplificando, i soci di cooperative percettori di compensi entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20%, coloro che ricevono compensi da terzi in virtù del loro incarico da lavoratore dipendente, coloro che ricevono compensi per l'attività libero professionale medica intramuraria e assimilata, i collaboratori coordinati e continuativi e gli amministratori.

L'Agenzia delle entrate pertanto si cimenta in una riclassificazione che evidenzia tutti i limiti del disallineamento giuridico e fiscale in tema di redditi da lavoro ove la dicitura "datore di lavoro", generalmente collegabile ad un rapporto di lavoro subordinato, trova applicazione anche a forme giuridiche non subordinate ancorchè assimilabili, solo sotto l'aspetto tributario, ai redditi di lavoro dipendente.

In conclusione, il lavoratore e il datore di lavoro, nel periodo di sorveglianza, dovranno porre particolare attenzione nel verificare l'assenza delle cause ostative sopra richiamate al fine di non incorrere nella disapplicazione del regime agevolativo con il conseguente e diretto aumento dell'imposizione fiscale e il pagamento delle eventuali relative sanzioni per omesso versamento delle imposte.

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