Con risposta ad interpello n. 4 del 10 maggio 2019, il Ministero del lavoro ha ritenuto non più applicabile l’art. 6, comma 10 del D.L. n. 338/1988 in materia di fiscalizzazione di oneri sociali, nella parte in cui prevede una perdita delle agevolazioni riconosciute ai datori di lavoro commisurata alla gravità della violazione commessa dall’azienda. Tale disposizione è da considerarsi non più operativa e le eventuali violazioni in materia di retribuzioni imponibili o di obblighi contributivi, comportano la revoca totale delle agevolazioni concesse.
Il Ministero ribadisce il principio generale, già codificato nel D.L. n. 338/1998, in base al quale la fruizione di qualsiasi sgravio contributivo è subordinata alla regolarità del datore di lavoro che gode del beneficio, sia dal punto di vista retributivo che contributivo.
Il decreto in commento aveva previsto una serie di riduzioni sul contributo a carico dei datori di lavoro per le prestazioni del servizio sanitario nazionale dei lavoratori dipendenti, escludendo la fiscalizzazione degli oneri sociali in caso di specifiche violazioni inerenti:
- Omessa denuncia di lavoratori agli enti previdenziali;
- Denuncia di un numero di ore inferiore a quelle effettivamente lavorate;
- Denuncia di retribuzioni inferiori alla retribuzione imponibile stabilita con leggi, regolamenti e CCNL.
La norma limitava tuttavia il recupero dell’agevolazione al maggiore importo tra la contribuzione omessa e la retribuzione non corrisposta.
Nell’interpello n. 4/2019, in risposta al quesito posto dall’Associazione Nazionale dei Consulenti del Lavoro, si esclude che la revoca dei benefici possa essere modulata diversamente in base alla gravità delle violazioni commesse dall’azienda, come previsto dall’art. 6 comma 9 del medesimo decreto: in caso di irregolarità del datore di lavoro il recupero riguarderà l’intero importo dei benefici.
Secondo il Ministero, i benefici indicati dal D.L. n 388/1989 si riferirebbero a specifici ambiti territoriali e temporali, nonché a periodi di paga risalenti nel tempo che devono ritenersi ormai superati e privi di operatività. Le norme contenute nel decreto dovrebbero essere subordinate ad una lettura sistematica dell’intera materia e coordinate con le disposizioni legislative successivamente entrate in vigore in materia di DURC.
Giova ricordare che l’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 ha stabilito che, a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi riconoscibili al datore di lavoro sono subordinati al possesso del documento unico di regolarità contributiva.
Possono concretizzarsi due differenti ipotesi: quella in cui l’azienda risulti priva di DURC e dunque non in regola con gli obblighi contribuitivi, dall’ipotesi in cui l’azienda abbia comunque commesso violazioni di legge o dei contratti collettivi che non abbiano riflessi contributivi.
Nel primo caso, il datore di lavoro perderà tout court i benefici riconosciuti con riferimento a tutti i lavoratori in forza, per tutto il periodo di assenza del documento di regolarità contributiva, mentre nel secondo perderà le agevolazioni riferite solo a quei lavoratori per i quali sono emerse le irregolarità e limitatamente al periodo per il quale si protrarrà la violazione.
Con riferimento a quest’ultima ipotesi, il Ministero richiama quanto affermato nella circolare dell’INL n. 3/2017: le agevolazioni contributive non spettano alle imprese limitatamente ai lavoratori per i quali non sono stati rispettati i requisiti previsti dalla norma e limitatamente ad una durata pari ai periodi di inosservanza. Per questo specifico aspetto, la norma dell’art. 6 comma 10 del D.L. n. 338/1989, contiene un principio generale tutt’ora vigente.
Le violazioni delle norme fondamentali in materia di contribuzione obbligatoria possono sostanziarsi in:
- omessa trasmissione delle denunce mensili obbligatorie;
- omesso versamento dei contributi previdenziali;
- omesso pagamento di inadempienze contributive esistenti in fase amministrativa o già iscritte a ruolo;
- più generale mancato rispetto degli obblighi di legge in materia retributiva e contributiva.
Tali irregolarità comporteranno il recupero dei benefici contributivi già riconosciuti o il mancato riconoscimento degli stessi; l’irregolarità sarà immediatamente rilevabile dagli uffici amministrativi dell’INPS o potrà emergere in sede di accertamento ispettivo.
Nella circolare citata, l’INL ha distinto il caso in cui la mancata osservanza delle norme di legge o dei contratti collettivi abbia comportato un’irregolarità non più sanabile riferita ad un periodo pregresso, dal caso in cui il datore di lavoro potrà ancora provvedere al pagamento delle medesime in seguito alla diffida amministrativa o al verbale di accertamento.
Nella prima ipotesi, le violazioni definitivamente accertate che incidono sulla tutela dei lavoratori che non siano più sanabili, comportano il recupero delle agevolazioni per il periodo in cui l’azienda è risultata irregolare.
Nel secondo caso, tali violazioni non impediscono il godimento di benefici qualora regolarizzate in fase amministrativa.
Se rilevate nel corso dell’accertamento ispettivo, in analogia a quanto disposto dalla normativa sul DURC, gli organi di vigilanza assegneranno un termine perentorio di 15 giorni decorrenti dalla data di notifica del verbale affinché la ditta provveda a sanare le irregolarità rilevate, così ripristinando le condizioni per poter godere di benefici contributivi.
Ove trascorrano i 15 giorni assegnati senza l’avvenuta regolarizzazione, l’Istituto procederà d’ufficio al recupero delle agevolazioni contributive divenute indebite, con conseguente revoca degli eventuali codici di autorizzazione assegnati all’azienda anche ai fini della futura fruizione di agevolazioni contributive. Tali agevolazioni potranno essere nuovamente godute soltanto dal mese successivo all’avvenuto ripristino delle condizioni di regolarità contributiva.