L'indennità di maternità può essere erogata anche se la lavoratrice è stata assunta già incinta. E se l'Inps ritiene che l'assunzione sia in realtà simulata lo deve provare. In caso contrario è tenuta a riconoscere alla lavoratrice la relativa indennità.
L'Inps ha negato l'indennità a una donna che il 20 ottobre è stata assunta, il 29 ottobre ha partorito e l'8 novembre ha presentato all'istituto di previdenza la domanda di congedo obbligatorio di maternità. Domanda respinta perché la persona è stata assunta «indebitamente…nel periodo immediatamente precedente la data presunta del parto, nel periodo cioè di interdizione obbligatoria». Secondo l'Inps, quindi, la lavoratrice non poteva essere assunta e inoltre l'assunzione è stata ritenuta simulata perché la stessa persona prima aveva ricoperto il ruolo di socio e di amministratore unico della società di cui poi è diventata dipendente.
Il tribunale di Verona, nella sentenza 247/2019, ricorda che in base alla legge 1204/1971 «lo stato di gravidanza non osta all'assunzione con contratto a termine di una lavoratrice che si trovi in periodo di astensione obbligatoria».
Inoltre l'Inps non ha fornito elementi sufficienti per ritenere che si sia verificata una simulazione di rapporto di lavoro subordinato e «non ha nemmeno chiesto mezzi istruttori per dimostrare tale simulazione, limitandosi ad ipotizzare la sussistenza di un illecito di rilevanza penale». In compenso la lavoratrice e il datore di lavoro hanno prodotto documenti a supporto della continuazione del rapporto anche dopo il parto e di aver erogato la retribuzione durante il congedo di maternità.
Di conseguenza il tribunale ha stabilito il diritto della lavoratrice all'indennità di maternità e condannato l'Inps a rimborsare il datore di lavoro del relativo importo già erogato.