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Utilizzo improprio dei “permessi 104”, scatta il licenziamento

Pubblicato il 10 luglio 2019 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

Utilizzare in maniera impropria i “permessi 104”, ossia i tre giorni di permessi riconosciuti dall’azienda ai caregivers (i lavoratori che assistono una persona affetta da disabilità ex art. 33, co. 3, della L. n. 104/1992), può costare il posto di lavoro. A tal fine, il datore di lavoro può anche incaricare un investigatore privato per spiare il lavoratore e attestare effettivamente l’abuso dei permessi.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18411 del 9 luglio 2019. Nel caso di specie, decisiva è stata la relazione dell’investigatore privato che, sentito in giudizio in qualità di testimone, colpevolizzava il dipendente di rimanere a casa anziché assistere la zia malata.

La principale fonte normativa in tema di permessi lavorativi retribuiti è disciplinata dalla L. 104/1992, la quale all'art. 33 disciplina le agevolazioni riconosciute:

- ai lavoratori affetti da disabilità grave;

- ai familiari che assistono una persona con handicap in situazione di gravità.

Dunque, i permessi della cd. “Legge 104” possono essere richiesti, sia per sé stessi in quanto disabili sia dai familiari chiamati ad assistere il disabile. In particolare, i permessi retribuiti possono essere richiesti al proprio datore di lavoro, pubblico o privato, da:

- disabili con contratto individuale di lavoro dipendente. Sono inclusi anche i lavoratori in modalità part-time, ad eccezione dei lavoratori autonomi e quelli parasubordinati, i lavoratori agricoli a tempo determinato occupati in giornata, i lavoratori a domicilio e quelli addetti ai lavori domestici e familiari;

- genitori lavoratori dipendenti (madre e/o padre biologici, adottivi o affidatari di figli disabili in situazione di gravità anche non conviventi);

- coniuge lavoratore dipendente;

- parenti o affini entro il secondo grado lavoratori dipendenti (figli, nonni, nipoti, fratelli, suoceri, generi, nuore, cognati del soggetto disabile con lui conviventi);

- parenti o affini entro il terzo grado lavoratori dipendenti (zii, nipoti, bisnonni, bisnipoti nel caso in cui genitori o coniuge siano ultrasessantacinquenni ovvero in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti degli altri soggetti sopra individuati).

In caso di riconoscimento dei permessi della “Legge 104”, si ha diritto a:

- tre giorni di riposo al mese anche frazionabili in ore, ovvero;

- riposi giornalieri di una o due ore.

L’abuso reiterato dei “permessi 104” è causa di licenziamento per giusta causa. Gli ermellini, nel caso di specie, confermano la pronuncia di secondo grado, e quindi la legittimità del provvedimento espulsivo nei confronti del lavoratore per disvalore sociale ed etico della condotta e la compromissione irrimediabile del vincolo fiduciario.

A nulla rileva l’opposizione del lavoratore circa la validità degli atti investigativi. I controlli, demandati dal datore di lavoro ad agenzie investigative, riguardanti l'attività lavorativa del prestatore svolta anche al di fuori dei locali aziendali, sono leciti laddove:

- non riguardino l'adempimento della prestazione lavorativa;

- siano finalizzati a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti od integrare attività fraudolente.

Sul punto, precisano gli ermellini, affinché le agenzie investigative operino lecitamente non devono sconfinare nella vigilanza dell'attività lavorativa vera e propria. Questa attività infatti, è riservata, dall'art. 3 dello Statuto dei Lavoratori, direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori.

Inoltre, è stato affermato che non viene violato, né il principio di buona fede nè il divieto di cui all'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori. Ciò in relazione al fatto che il datore di lavoro può decidere autonomamente come e quando compiere il controllo, anche occulto, ed essendo il prestatore d'opera tenuto ad operare diligentemente per tutto il corso del rapporto di lavoro.


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