La Cassazione ha ribadito la nullità della clausola di lavoro a termine nel caso in cui l'azienda non provi di aver assolto all'onere di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Ricordiamo che la redazione del documento di valutazione dei rischi (Dvr) è un obbligo indelegabile del datore di lavoro e costituisce la fase terminale della procedura di valutazione. Rispetto al contenuto minimo previsto dall'articolo 4 del Dlgs 626/1996, l'articolo 28, comma 2, del Dlgs 81/2008 ha ampliato significativamente gli elementi che lo stesso deve obbligatoriamente contenere, con l'esaltazione in particolare dalla sua funzione gestionale, ossia di strumento capace di guidare efficacemente i soggetti della prevenzione – datore di lavoro, dirigenti, Rspp, eccetera – nell'attuare in concreto le misure di prevenzione e protezione e il programma di miglioramento.
I giudici della suprema corte, con ordinanza 23 agosto 2019, numero 21683, nel decidere un ricorso in tema di ammissione di mezzi istruttori, si sono trovati a ribadire l'imperatività della norma (articolo 3 del Dlgs 368/2001) che sancisce il divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, «la cui ratio è diretta alla più intensa protezione dei lavoratori rispetto ai quali la flessibilità d'impiego riduce la familiarità con l'ambiente e gli strumenti di lavoro».
La sentenza ricorda che, ove il datore non provi di aver provveduto alla valutazione dei rischi prima della stipulazione del contratto a tempo determinato, la clausola di apposizione del termine è da considerarsi nulla con la conseguenza che il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato in base agli articoli 1339 e 1419 del codice civile (tra le tante, Cassazione 13959/2018).