La riforma operata dal Dlgs 81/2008 ha posto in primissimo piano l'esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro, nei casi in cui il dipendente abbia violato le norme e le disposizioni aziendali in materia di salute e di sicurezza sul lavoro. Invero, già in passato la giurisprudenza di legittimità aveva "catalogato" tali condotte come ipotesi di esercizio doveroso dell'azione disciplinare ma, recentemente, con la sentenza 1683 del 17 gennaio 2020, la Cassazione ha espresso un ulteriore orientamento di particolare rilievo in ordine all'entità della sanzione.
La vicenda affrontata risale al 2012, quando in un cantiere edile un operaio restò vittima di un gravissimo infortunio sul lavoro; secondo i giudici di merito la responsabilità è imputabile sia al datore di lavoro che al preposto, per il reato previsto dagli articoli 113 e 590 del codice penale, per aver cagionato, in cooperazione colposa tra di loro, l'evento lesivo.
Il dato significativo è che, dagli accertamenti compiuti, è emerso che la causa dell'infortunio è ascrivibile al fatto che il lavoratore e i suoi colleghi seguivano all'interno del cantiere, per l'operazione di carico delle casseforme, una procedura di lavoro scorretta con il consenso del preposto. Sostanzialmente il preposto non aveva vigilato correttamente come avrebbe dovuto fare (articolo 19 del Dlgs 81/2008) sull'uso pericoloso di fasce, in contrasto con quanto prevedeva il manuale del costruttore.
Si tratta, pertanto, di una prassi scorretta tollerata a livello aziendale per la quale dalle prove testimoniali è emerso che i lavoratori ricevevano solo un rimprovero verbale (articolo 2106 del codice civile; articolo 7 della legge 300/1970). Secondo la Cassazione, tuttavia, di fronte a violazioni di tale gravità il datore di lavoro avrebbe dovuto attivarsi seguendo una linea più dura, basata sulla sospensione dall'attività del lavoratore responsabile.
Ecco, quindi, che la giurisprudenza attribuisce un rilievo, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di vigilanza da parte del datore di lavoro, anche all'entità della sanzione disciplinare irrogata, il che sposta il giudizio sulla proporzionalità della stessa rispetto alla condotta del lavoratore che, secondo il ragionamento dei giudici, è connaturata da una maggiore gravità quando sono violate le norme e le disposizioni aziendali in materia antinfortunistica.