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Verifica delle ritenute negli appalti a catena

Pubblicato il 02 marzo 2020 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

La certificazione del possesso dei requisiti di regolarità fiscale rilasciata dall’agenzia delle Entrate alle imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici è al momento la soluzione di maggior tutela per i committenti, rispetto al nuovo obbligo di verifica del versamento delle ritenute dei lavoratori impiegati per appalti di opere e servizi labour intensive. Le aziende devono infatti prestare molta attenzione ai nuovi obblighi, per evitare il rischio di contestazioni, anche a distanza di mesi dall’avvio di un appalto.
Dal 1° gennaio 2020 è entrata in vigore la disciplina introdotta dall’articolo 4 del Dl fiscale collegato alla manovra (Dl 124/2019) che - nelle ipotesi di appalto di opere, servizi o di rapporti negoziali assimilati - investe i committenti di complessi obblighi di vigilanza, controllo e segnalazione sul corretto versamento delle ritenute fiscali dei lavoratori impiegati dall’appaltatore/subappaltatore/affidatario, per appalti o rapporti:
- di valore annuo superiore a 200mila euro;
- caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera;
- endoaziendali;
- con uso di beni strumentali riferibili al committente.
L’unica ipotesi di esonero dal nuovo regime di controlli si configura appunto se l’affidatario fornisce al committente la certificazione del possesso dei requisiti di regolarità, rilasciata dall’agenzia delle Entrate, con validità di quattro mesi dal rilascio.
Fuori da questa ipotesi, se il committente non adempie gli obblighi posti a suo carico, è soggetto alle stesse sanzioni che gravano sui sostituti di imposta – appaltatori, subappaltatori o affidatari - per il versamento non corretto o tardivo delle ritenute (l’impianto sanzionatorio previsto dalle nuove regole si applicherà però da maggio, come ha chiarito l’agenzia delle Entrate nella circolare 1/E/2020 ). Il versamento delle ritenute diventa più complesso per i soggetti obbligati, dovendo gli affidatari predisporre distinte deleghe per ciascun committente e senza possibilità di compensazione per il pagamento delle ritenute fiscali dei lavoratori.
Le nuove regole - che sono state inserite nell’articolo 17-bis del Dlgs 241/1997 – nascono con la finalità di contrastare la problematica dell’omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali a favore dei lavoratori impiegati in appalti e nei rapporti negoziali assimilabili. Una finalità strettamente connessa alla volontà, espressa dal legislatore, di contrastare la somministrazione illecita di manodopera, fenomeno che riguarda soprattutto gli appalti labour intensive, caratterizzati dal prevalente utilizzo della manodopera rispetto a mezzi e beni strumentali.
La nuova disciplina, piuttosto complessa, ha generato numerosi dubbi interpretativi e difficoltà di carattere applicativo, in primis con riferimento al perimetro soggettivo e oggettivo di applicazione della norma.
Con la circolare 1/E del 12 febbraio 2020, l’agenzia delle Entrate ha fornito un’articolata serie di chiarimenti, anche rispetto a questi aspetti.
Nell’individuare i soggetti obbligati, la circolare introduce il concetto di «rapporti a catena», stabilendo che ciascun soggetto della catena (committente, appaltatore, subappaltatore) può rivestire la qualifica di committente in base alla normativa. Di conseguenza anche l’appaltatore può essere considerato committente del subappaltatore.
Passando ai requisiti oggettivi dell’appalto, per evitare frazionamenti contrattuali elusivi, la soglia di valore annuo superiore a 200mila euro, sarà verificata unicamente nel rapporto contrattuale tra committente e affidatario originari.
La circolare chiarisce, ancora, che la soglia di valore dei 200mila euro va riferita all’anno solare (1° gennaio–31 dicembre), con un meccanismo di calcolo di pro-rata temporis su base mensile, in dodicesimi. Nell’ipotesi di utilizzo del contratto quadro, senza predeterminazione di corrispettivo, seguendo il criterio di cassa indicato nella circolare, gli obblighi previsti dall’articolo 17-bis decorrono solo dopo il superamento della soglia di 200mila euro su base annua.
Sempre sui requisiti oggettivi dell’appalto, rispetto al concetto di «prevalenza di manodopera», l’agenzia delle Entrate nella circolare determina “la prevalenza” sulla base del rapporto tra la retribuzione lorda dei lavoratori e il prezzo complessivo dell’appalto, che deve essere superiore al 50 per cento. Questo indice numerico parrebbe tuttavia riferibile ai soli appalti di opere e non a quelli di servizi, che dovrebbero presumersi labour intensive.
L’agenzia delle Entrate ha chiarito anche che l’uso, nell’ambito dell’appalto, di “beni strumentali” riferibili al committente può dirsi escluso quando i beni strumentali siano esclusivamente riferibili alle imprese affidatarie e non riconducibili ad alcun titolo – proprietà, possesso o detenzione – al committente.

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