A seguito dell'emergenza coronavirus 19 si interviene, tra l'altro, sulla dinamica del rilascio dei certificati medici giustificanti l'assenza dal lavoro per malattia.
Il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo offre una tempistica sulla segnalazione dell'esistenza del rischio, sull'avvio della sorveglianza sanitaria e dell'isolamento fiduciario nonché sulla partenza della quarantena vera e propria.
Si prevede, infatti, che coloro che sono rientrati in Italia nei 14 giorni precedenti il 1° marzo o che hanno soggiornato in una zona a rischio di epidemia (Paesi stranieri e località identificate in un allegato dello stesso Dpcm) informino dell'eventualità il dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria competente per territorio e il proprio medico di base (o il pediatra). L'informativa deve essere resa utilizzando i canali messi a disposizione dalle Regioni.
Una volta ricevuta la segnalazione, l'operatore di sanità pubblica deve mettersi in contatto telefonico con il segnalante e avviare un'indagine conoscitiva per valutare la sussistenza del rischio, in base ai movimenti e ai contatti descritti. Se, a seguito di questa prima fase preliminare, l'operatore ritiene che sia il caso di avviare la sorveglianza sanitaria e l'isolamento fiduciario, lo comunica al medico curante che dovrà emettere il relativo certificato medico telematico. Ovviamente resta in capo al lavoratore l'onere di dare immediata notizia al datore di lavoro della sopraggiunta circostanza che impedisce la presenza al lavoro.
La fase successiva è quella che prevede il vero e proprio accertamento del contagio. Nel caso in cui la verifica dia esito positivo, l'operatore di sanità pubblica rilascia una dichiarazione. Il documento, indirizzato all'Inps, al datore di lavoro e al medico curante (o pediatra) ha la finalità di informare gli interessati circa la sopraggiunta esigenza di tutela della sanità pubblica che ha determinato l'insorgenza della necessità di porre in quarantena il paziente, indicando anche la data di inizio e di fine del provvedimento.
Su questo specifico punto, il decreto usa il termine «dichiarazione» e non «certificazione». Ciò fa supporre che, comunque, il medico curante debba emettere il certificato telematico affinché il datore di lavoro possa procedere all'erogazione della retribuzione e dell'indennità di malattia, con le regole proprie del settore di operatività e del Ccnl.