La rilevanza penale di molte violazioni fiscali fa sì che spesso gli accertamenti emessi dall’Agenzia dalle entrate si basino quasi esclusivamente su stralci di atti dell’indagine di polizia giudiziaria. Stralci che però non sempre consentono un’adeguata difesa del contribuente. L’importanza e la frequenza nella prassi di tali situazioni emergono anche dalla circolare n. 1/2018 sull’attività di controllo della G. di F. Il giudice tributario, secondo consolidata giurisprudenza, può legittimamente fondare il proprio convincimento anche sulla generalità degli elementi di prova acquisiti nel processo penale, purché però tali elementi vengano sottoposti a un’autonoma valutazione, secondo le regole tipiche della distribuzione dell’onere probatorio valevoli ai soli fini fiscali. In base agli articoli 33, comma 3, D.P.R. 600/1973 e 63, comma 1, D.P.R. 633/1972, la G. di F. – previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria – utilizza e trasmette agli uffici documenti, dati e notizie, acquisiti direttamente o riferiti ed ottenuti dalle altre forze di polizia, nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria. Non vi sono preclusioni circa la natura del reato per il quale i poteri di polizia giudiziaria sono stati esercitati, sicché è consentito l’utilizzo fiscale degli elementi emersi in ogni indagine penale, anche se non relativa a reati propriamente fiscali.