Nel caso di mancato versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, l'omessa notifica della diffida ad adempiere non incide sull'elemento oggettivo del reato effettivamente compiuto, ma solo sulla possibilità di pagare l'importo stabilito e quindi di non essere punito.
Quanto alla modalità con cui deve essere notificata la violazione, la Corte di cassazione, nella sentenza 12400/2020, afferma che è ammessa la forma libera e quindi si può ricorrere a un verbale di contestazione, a una lettera raccomandata o a una notificazione giudiziaria sia da parte dei funzionari dell'istituto di previdenza che di polizia giudiziaria.
Se il destinatario è una persona giuridica, è consentito l'invio presso la sede della società o la residenza o il domicilio del rappresentante legale e in tal caso è valida la notificazione di ricevuta anche con firma illeggibile e senza indicazione della qualifica del ricevente. È sufficiente che il documento sia stato recapitato all'indirizzo corretto.
Sulla base di questo ragionamento è stato respinto l'appello proposto dall'imputato sostenendo che la diffida ad adempiere è stata consegnata a persona non addetta alla società e di conseguenza non abilitata a ricevere la comunicazione.
Inoltre la Suprema corte ha ribadito la validità dei dati contenuti nei modelli Dm 10 ai fini della prova della mancata contribuzione. «La presentazione da parte del datore di lavoro degli appositi modelli Dm 10/2 – attestanti le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e l'ammontare degli obblighi contributivi – è valutabile, in assenza di elementi di segno contrario, come prova della effettiva corresponsione degli emolumenti ai lavoratori per effetto della attestazione di avvenuta ricezione in via telematica dei modelli da parte dell'Inps e della testimonianza sul punto del funzionario accertatore».
Peraltro, qualora la quota di contributi a carico del lavoratore non fosse stata trattenuta, il datore dovrebbe inserire la relativa dicitura nel modello Dm 10, cosa che nel caso specifico non è avvenuta.