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Il requisito di altezza deve avere una giustificazione concreta

Pubblicato il 08 maggio 2020 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

La statura minima per l'accesso a un impiego non costituisce un valore astratto, che possa essere usato senza una verifica sul piano concreto e come parametro identico di accesso al rapporto di lavoro per uomini e donne. La diversità di statura mediamente riscontrabile nell'altezza degli uomini e delle donne impedisce di usare questo dato come parametro uniforme di valutazione delle caratteristiche fisiche di idoneità al posto di lavoro per il genere maschile e femminile.
La Cassazione ribadisce il proprio indirizzo (ordinanza 7982/2020) per cui l'utilizzo del parametro statura quale requisito identico di accesso a una specifica mansione, senza che sia operata una distinzione tra uomo e donna, viola il principio di uguaglianza e realizza una forma di discriminazione indiretta a danno del genere femminile.
Applicando questo principio, la Suprema corte ha cassato la sentenza della Corte di appello di Roma che aveva, invece, confermato la validità di una procedura selettiva per l'assunzione in qualità di capo servizio treno, dalla quale una candidata era stata esclusa perché dichiarata non idonea per deficit staturale.
La Cassazione ha censurato la decisione dei giudici di secondo grado per avere fondato l'assenza del requisito dell'altezza minima sulla base di una mera consulenza tecnica, acquisita in altro giudizio, dalla quale era emerso un generico deficit di statura a carico della lavoratrice. Ad avviso della Suprema corte questo dato non è ammissibile per escludere la candidata dalla procedura selettiva bandita dalla società, perché la verifica sulla idoneità fisica alla mansione deve essere sempre effettuata in concreto.
Non è sufficiente, in altre parole, un generico deficit di statura, benché accertato da una precedente Ctu, per escludere l'idoneità alla assunzione, essendo richiesta una valutazione caso per caso, allo scopo di accertare se la ridotta statura della candidata sia effettivamente di impedimento rispetto alla mansione per la quale è stata bandita la selezione per il posto vacante.
Il deficit di statura non può costituire, dunque, secondo la Cassazione, un impedimento valutabile in astratto, ma deve essere messo in relazione al ruolo che il datore di lavoro ha bandito, allo scopo di verificare che, sul piano operativo, la bassa statura sia realmente incompatibile con la mansione. Ogni valutazione a priori, che sia basata esclusivamente sulla ridotta altezza del candidato, a prescindere da ogni distinzione tra soggetto maschile e soggetto femminile e in assenza di una verifica concreta sulle specifiche mansioni oggetto di selezione, realizza una violazione del principio di uguaglianza e si pone come forma di discriminazione indiretta.
Su questi presupposti, la Cassazione ha cassato la pronuncia resa dai giudici di secondo grado e rinviato alla Corte di appello, in diversa composizione, affinché sia verificata la congruità in concreto del deficit di statura con le mansioni oggetto di assunzione.