Lo svolgimento del lavoro dirigenziale in modalità “agile” (il cosiddetto smart working disciplinato dalla legge 81/2017) deve essere riguardato e modulato con le caratteristiche proprie del lavoro del manager, determinando minori scostamenti dal “tipo” paradigmatico della prestazione resa dal dirigente.
Sotto questo profilo, le associazioni dirigenziali dichiarano che lo smart working è un modo indispensabile per favorire flessibilità, sia per le aziende, sia per le persone. Il tutto in una logica di work-life balance nonché di autoresponsabilizzazione del lavoratore. Lo stile manageriale e di leadership dovrebbe cambiare, mirando al lavoro per obiettivi, attraverso una crescita della fiducia reciproca (più responsabilità e meno controllo). Le seguenti considerazioni devono valere indipendentemente dalla connotazione che lo svolgimento del lavoro agile sia considerato una modalità preferenziale in funzione dello stato di emergenza Covid-19.
Gli elementi fondamentali che connotano lo smart working sono due: il primo, di natura “temporale”, riferito al “quando” si lavora; il secondo, di rilievo “topografico”, riferito al “dove” si lavora. Il lavoratore agile, quando è all'esterno della sede aziendale, presta la propria attività “senza precisi vincoli di orario”, salvi i limiti della durata massima dell'orario giornaliero e settimanale e le questioni connesse.
Sotto il profilo “topografico”, il lavoratore agile presta la propria attività esterna senza precisi vincoli riguardanti il luogo di lavoro (secondo le regole dell'art. 18, comma 1).
Si ritiene che l'assenza di precisi vincoli di tempo e di luogo, vada ad impattare direttamente la nozione tipica della subordinazione, incentrata sull'elemento costitutivo della eterodirezione che, a sua volta, comporta la determinazione unilaterale, da parte del datore di lavoro, delle modalità temporali e logistiche di esecuzione della prestazione, laddove lo smart working implica un margine di autonomia valutativa connesso proprio alla assenza di vincoli di tempo e di luogo. In caso di lavoro dirigenziale, però, emergono alcuni elementi di criticità.
Ebbene, gli elementi qualificanti e definitori del lavoro agile, sono già significativamente presenti nel paradigma della figura dirigenziale e, conseguentemente, innestare un lavoro “agile” all'interno di un lavoro “dirigenziale” deve essere frutto di una operazione concettuale e pratica molto delicata. Ecco qualche considerazione.
Per verificare la sussistenza del lavoro dirigenziale è necessario fare riferimento, in primo luogo, alle declaratorie dei contratti collettivi. Questi ultimi caratterizzano:
1) la diretta responsabilità del dirigente nei confronti dell'imprenditore, senza la necessità di chiedere, di volta in volta, istruzioni e/o consensi, ovvero, in caso di pluralità di tali figure;
2) il coordinamento con quella di altri dirigenti e non la subordinazione.
Quanto, poi, al concetto di subordinazione, si può osservare che, se tale vincolo è comunque presente nel rapporto dirigente-azienda, esso viene notevolmente sfumato, soprattutto sotto il profilo del legame gerarchico, così da essere definito di natura “attenuata”.
La nozione legale ha una valenza prettamente negativa, nel senso di configurare una serie di discipline specifiche del lavoro subordinato non applicabili al dirigente, per incompatibilità; si ritiene che la definizione legale sia un minimo assoluto nel corredo economico, normativo e classificatorio del dirigente.
Gli effetti pratici – e non solo – di questa operazione sono rinvenibili nel globale trattamento, legale e contrattuale, spettante al soggetto interessato.
Parlando di trattamento complessivo spettante al dirigente, mi riferisco a tutto il trattamento comunque connesso con la qualifica, sia sotto il profilo legale che contrattuale collettivo: così, si considerino, innanzitutto, sotto il profilo strettamente legale, l'eccezione alle limitazioni di orario; l'eccezione alle limitazioni sul riposo domenicale e settimanale; la durata del patto di non concorrenza; la disciplina del lavoro a termine; la disciplina in materia di sicurezza sul lavoro; la tutela previdenziale e assistenziale, nonché per malattia, infortuni sul lavoro, malattie professionali e maternità.
A questo elenco si aggiunge tutto il trattamento contrattuale relativo alla costituzione, allo svolgimento del rapporto (per gli aspetti normativi ed economici, quali trattamento di fine rapporto, preavviso, elementi accessori e quant'altro), nonché, infine, alla sua cessazione.