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Infortuni e malattie, valgono le regole della responsabilità contrattuale

Pubblicato il 30 giugno 2020 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

L'accertamento incidentale in sede civile del fatto che costituisce reato, laddove venga in rilievo l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, va condotto osservando le regole comuni della responsabilità contrattuale. È questa infatti, per la Corte di cassazione (sezione lavoro, 19 giugno 2020, n. 12041), l'interpretazione da fornire alla disciplina dettata dagli articoli 10 e 11 del D.P.R. n. 1124/1965, valida sia nel caso in cui l'azione sia stata proposta dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro per ottenere il danno differenziale, sia nel caso in cui ad agire sia l'Inail in via di regresso.
Il principio, da applicarsi anche per quanto riguarda l'accertamento della colpa e del nesso di causalità tra il fatto e l'evento dannoso, è stato sancito dai giudici all'esito di un lungo e articolato percorso argomentativo, che è passato per l'analisi delle più significative pronunce sul tema, alle quali la Corte ha fatto appiglio per ribadire l'autonomia di ciascun processo, la possibilità per il giudice civile di procedere ai propri accertamenti avvalendosi di tutte le prove previste dal rito civile e l'applicabilità di tali regole anche nel caso in cui si debba verificare se i fatti da cui derivi l'infortunio o la malattia costituiscano reato perseguibile d'ufficio.
Se quest'ultimo assunto non fosse vero, del resto, il lavoratore danneggiato sarebbe sottoposto a un trattamento penalizzante rispetto a quello riservato agli altri danneggiati. In altre parole, se si pretendesse che quando vengono in rilievo gli articoli 10 e 11 del d.p.r. n. 1124/1965 il giudice civile debba operare con gli strumenti penalistici, sarebbe innegabile la disparità di trattamento con tutte le altre ipotesi di richiesta di risarcimento del danno, per le quali operano le regole, meno complesse, dell'accertamento della responsabilità civile: il lavoratore verrebbe gravato degli stessi oneri probatori dei quali si fa carico un pubblico ministero, oltretutto senza poter disporre (ovviamente) dei medesimi strumenti di indagine.
È palese, quindi, il rischio, da non correre, di scontrarsi con il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione, da leggere, nel caso di specie, in combinato disposto con l'articolo 38, che addirittura tutela in maniera speciale i lavoratori che subiscono un infortunio o contraggono una malattia.
L'irragionevolezza della disparità di trattamento, peraltro, per i giudici si fa ancora più evidente se si considera che la stessa si consumerebbe nell'ambito della salute, oggetto di un diritto fondamentale e inviolabile della persona umana.