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Contratti a termine, la vecchia deroga non impedisce il rinnovo acausale

Pubblicato il 27 agosto 2020 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

Con il decreto Agosto è arrivata finalmente un po’ di semplificazione per i rapporti a tempo determinato (sia quelli diretti, sia quelli realizzati nell’ambito della somministrazione di manodopera). Un risultato importante e quasi insperato, se se considera che nell’ultimo biennio questi contratti erano stati ingiustamente presi di mira dal legislatore, il quale - con una generalizzazione eccessiva ed errata - li aveva identificati come simboli del precariato.
La nuova disciplina, contenuta nell’articolo 8, comma 1, lett. a) del Dl n. 104/2020, modifica e riscrive la norme approvate solo pochi mesi prima con il decreto Rilancio (Dl n. 34/2020). Questo decreto aveva tentato, in maniera limitata e incompleta, di agevolare il ricorso ai rapporti a tempo per un periodo limitato (sino al 30 agosto 2020), ma la norma ha suscitato troppi dubbi applicativi ed e stata poco utilizzata.
La nuova disciplina, tenendo conto di tali dubbi, fissa un principio finalmente chiaro. Sino al prossimo 31 dicembre, le aziende e i lavoratori possono concordare una proroga o un rinnovo di un rapporto a termine senza indicare la causale, nel rispetto di due condizioni: la facoltà di derogare alla legge è concessa per una sola volta, e restano comunque in vita i limiti di carattere generale previsti dalla legge (durata massima di 24 mesi, numero massimo di proroghe).
Quanto al primo requisito, è sorto in questi giorni un dubbio importante: se un’azienda ha già utilizzato la disciplina “acausale” contenuta nel decreto Rilancio, può avvalersi anche del nuovo e più ampio regime previsto dal Dl n. 104/2020? Non sembrano esserci ostacoli alla risposta positiva al quesito, se si considera che il decreto Agosto non è retroattivo e che i due regime acausali hanno presupposti, durata ed effetti diversi. Ne consegue che se un datore di lavoro (o un utilizzatore) ha sottoscritto un rinnovo o una proroga acausale applicando la vecchia disciplina contenuta nel Dl n. 34/2020, non ha perso la facoltà di firmare, per una sola volta, un ulteriore rinnovo o proroga acausale, fruendo del regime introdotto dal decreto Agosto. Nel fare questo, il datore di lavoro potrà godere di un’altra facilitazione: la vecchia disciplina limitava la durata del contratto prorogato o rinnovato sino al 30 agosto, mentre la nuova norma offre un orizzonte molto più lungo. Il datore di lavoro ha, infatti, l’onere di firmare l’accordo entro il 31 dicembre 2020, ma la durata del rapporto può arrivare anche oltre tale scadenza, dovendo rispettare solo il limite di durata massima di 12 mesi.
Queste agevolazioni vanno applicate rispettando tutti gli altri limiti che governano i rapporti a tempo. Il periodo aggiuntivo di 12 mesi deve, quindi, intendersi comunque soggetto al limite di durata massima di 24 mesi del rapporto.
Un altro dubbio concerne l’applicazione dei tetti massimi al numero di proroghe (4 per i contratti diretti, 6 o 8 per la somministrazione) previsti dalla legge e dai contratti collettivi: la nuova disciplina sembra consentire di derogare solo all’obbligo di indicare le causali, senza intaccare gli altri limiti generali che governano il lavoro a tempo.
Si arriva a questa conclusione osservando la struttura della norma, che sembra limitarsi a prevedere la disapplicazione dell’articolo 19, comma 1, del Dlgs n. 81/2015; solo in relazione a questa disapplicazione viene prevista la deroga all’articolo 21 dello stesso decreto, per rimarcare che la mancata indicazione della causale riguarda tutte le proroghe e i rinnovi. Sul punto esistono, tuttavia, opinioni differenti, anche di segno opposto.
Un altro dubbio riguarda il significato dell’inciso che consente la proroga o il rinnovo acasuale per «una sola volta»: chi utilizza lavoro a tempo ha diritto a una sola proroga o rinnovo, oppure la limitazione riguarda solo le proroghe e i rinnovi sottoscritti in deroga alla disciplina ordinaria? Non sembrano esserci dubbi sul fatto che l’interpretazione corretta sia quest’ultima: ogni volta che un datore di lavoro o un utilizzatore allungano o rinnovano un rapporto applicando le regole generali, non “consumano” la facoltà di usare per una sola volta la proroga o il rinnovo “in deroga”.
Pertanto, se il datore di lavoro concorda una proroga acausale già consentita dalle regole ordinarie, questo atto non va a intaccare la facoltà di derogare la legge, per una sola volta: tale facoltà verrà meno solo dopo che il datore di lavoro avrà prorogato o rinnovato il contratto senza indicare la causale, pur essendo teoricamente richiesto dalle regole ordinarie.
Facciamo un esempio per capire meglio. Applicando le regole generali contenute nel Dlgs n. 81/2015, un rapporto a termine di 8 mesi può ancora essere prorogato, senza necessità di indicare la causale, per altri 4 mesi. L’utilizzo di questa proroga non consuma la facoltà di prorogare o rinnovare ulteriormente il contratto, dopo il dodicesimo mese e per una sola volta, in deroga alle regole ordinarie.

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