La proroga del divieto di licenziamento contenuta nell’articolo 14, D.L. 104/2020 sta facendo molto discutere. L’unico segmento al riparo dall’incertezza è quello contenuto nel comma 3, che individua i casi e le situazioni per le quali il divieto di licenziamento non si applica e, quindi, un datore può procedere immediatamente al recesso di uno o più rapporti di lavoro (a patto che sussistano i presupposti legali e sostanziali per procedere in tal senso). La prima delle ipotesi per le quali non si applica il divieto riguarda i licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa. Un altro caso a cui non si applica il divieto di licenziamento è quello del fallimento. Il divieto non si applica nemmeno in caso di stipula di un accordo collettivo aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale che preveda il riconoscimento di un incentivo all’esodo. In aggiunta a queste ipotesi, un’ulteriore esenzione è prevista dal comma 1 dell’articolo 14: il divieto di licenziamento non si applica ai casi di cambio appalto, quando il personale licenziato dall’appaltatore uscente sia riassunto dal soggetto che subentra, in forza di una “clausola sociale” fissata dalla legge, dal contratto collettivo o dal contratto di appalto.