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Rivalutare o no i beni: il peso delle variabili non solo tributarie

Pubblicato il 07 settembre 2020 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

La rivalutazione dei beni d’impresa – riproposta dall’articolo 110, D.L.104/2020 – permetterà di patrimonializzarsi a molte società, che potranno altresì dare rilevanza fiscale alle attività rivalutate a costi molto contenuti. Tuttavia, per valutare la convenienza di questa possibilità non basta prendere in esame soltanto i parametri tributari. Ai fini di una valutazione di convenienza occorre tenere in considerazione anche alcuni fattori di carattere non tributario. In primo luogo, i maggiori valori attribuiti in sede di riva-lutazione dovranno essere opportunamente supportati. Inoltre, si dovrà tenere conto del fatto che i Conti 
economici degli esercizi successivi a quello in cui viene effettuata la rivalutazione (2020 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) saranno in genere appesantiti dai maggiori ammortamenti sui valori rivalutati. In caso poi di rivalutazione effettuata ai soli fini civilistici il livello di tassazione effettivo subirà un incremento per effetto dell’indeducibilità dei maggiori ammortamenti. Si dovranno altresì considerare gli effetti della rivalutazione su eventuali covenant che devono essere rispettati sui finanziamenti erogati alla società. Infine, la rivalutazione degli intangible (marchi, brevetti) potrebbe con-sentire l’emersione di rilevanti valori inespressi con effetti positivi su eventuali operazioni di riorganizzazione, aggregazione, cessione, interventi di operatori di private equity o quotazioni in Borsa, oltre che rappresentare, in caso di riconoscimento fiscale, un’ulteriore incentivo da analizzare in aggiunta a quelli già esistenti.

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