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L’idoneità al lavoro non blocca il progetto di reinserimento

Pubblicato il 15 settembre 2020 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

Alla realizzazione di un intervento di reinserimento lavorativo non fanno da ostacolo né il fatto che il Servizio di prevenzione dell’Asl non si sia ancora espresso sulla presenza di una disabilità da lavoro della persona interessata, né il fatto che lo stesso Servizio o il medico competente abbiano definito la persona idonea al lavoro senza limitazioni o prescrizioni.
Lo ha chiarito l’Inail con la circolare n. 34/2020 dello scorso 11 settembre, in cui sono contenuti alcuni chiarimenti interpretativi sulle condizioni necessarie per l’avvio dei progetti di reinserimento finalizzati alla conservazione del posto di lavoro, i quali fanno capo all’Istituto in base all’articolo 1, comma 166, della legge n. 190/2014. Si tratta dei cosiddetti accomodamenti ragionevoli, costituiti da modifiche e adattamenti necessari e appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati per garantire ai disabili il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.
Il regolamento per il reinserimento, disposto con la determina presidenziale Inail n. 258/2016, prevede tre tipi d’intervento: quelli per il superamento l’abbattimento delle barriere architettoniche nei luoghi di lavoro; quelli per l’adeguamento e l’adattamento delle postazioni di lavoro; quelli di formazione.
Il problema interpretativo è nato dal fatto che nelle due circolari n. 51/2016 e n. 30/2017 gli interventi del Servizio di prevenzione Asl o del medico competente vengono definiti atti preliminari rispetto ai progetti di reinserimento e in quest’ottica - sottolinea l’Istituto - è emerso che nella prassi, pur in presenza dei presupposti sostanziali per il loro avvio, il procedimento è rimasto bloccato per la mancata formulazione del giudizio o perchè non erano state indicate limitazioni e/o prescrizioni.
Inail ricorda che in base alla legge 190 l’obbligo di ricorrere agli accomodamenti ragionevoli scatta anche quando la disabilità, pur non limitando la possibilità di continuare a operare nella mansione specifica, rende tuttavia più faticosa e difficoltosa la prestazione, con conseguente alterazione della condizione di parità rispetto agli altri lavoratori e connesso rischio di discriminazione. Un’indicazione recepita dall’articolo 3, comma 1, del regolamento dell’Istituto, in cui si specifica che gli interventi possono avere anche il solo obiettivo di agevolare la prestazione del lavoratore.
In questo contesto, se il mancato giudizio non può bloccare gli interventi di reinserimento, in caso di giudizio d’idoneità senza prescrizioni e limitazioni si tratta invece di valutare se la menomazione e le conseguenti limitazioni funzionali sussistano comunque e possano rendere disagevole la prosecuzione dell’attività lavorativa: un giudizio che spetta all’Inail e che, se positivo, può portare all’elaborazione di un progetto di reinserimento o a valutare quello proposto dal datore.
Diverso, invece, è il caso in cui il medico competente o il Servizio Asl si siano espressi per un’idoneità parziale temporanea o permanente con prescrizioni o limitazioni, ovvero di inidoneità temporanea o permanente: questo giudizio - precisa l’Inail - ha infatti «valore di imprescindibile elemento di valutazione ai fini dell’elaborazione del progetto di reinserimento lavorativo».

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