Il legale rappresentante di una società veniva indagato per aver commesso il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. All’esito delle indagini si apriva un processo, che si concludeva con la condanna sia in primo sia in secondo grado seppur con una riduzione della pena detentiva. Avverso la sentenza la difesa proponeva ricorso in Cassazione per evidenziare l’illegittimità della pronuncia, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, per non aver considerato la gravissima esposizione debitoria dell’imputato, derivante da una crisi di liquidità.
I giudici di merito di secondo grado, infatti, avevano escluso che tale crisi poteva assurgere a scriminante della rilevanza penale della condotta. Questi ultimi, inoltre, non avevano considerato le iniziative assunte dall’imputato per fronteggiare la crisi, anche in qualità di diretto fidejussore. In ultimo, veniva rappresentata la mancata valutazione di una sentenza di assoluzione dal reato di omesso versamento di ritenute, relativo allo stesso periodo temporale, a seguito della crisi economica subita.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 26519/2020, ha accolto il ricorso presentato dall’imputato. I giudici di legittimità, richiamando il contenuto della pronuncia assolutoria emessa dal Tribunale in un separato procedimento avente ad oggetto il reato omissivo, realizzato nel medesimo arco temporale a causa della crisi economica derivante dall’assenza di liquidità, hanno ritenuto illegittima la sentenza emessa dalla Corte di Appello. La ragione, prosegue la Corte, risiede proprio nell’assenza dell’elemento soggettivo del reato a seguito della causa di non punibilità individuata nella grave crisi economica.
Contrariamente al vigente orientamento richiamato dai giudici di merito di secondo grado, in questo caso la crisi consente di escludere la consumazione, in vista dello sforzo economico profuso dall’imputato per fronteggiare il debito, esponendosi finanche in qualità di fideiussore. Tuttavia, il perdurare delle condizioni negative dovute anche al ritiro di un’importante commessa lavorativa, nonché per vicende afferenti i prestiti, ha di fatto oggettivamente impedito l’assolvimento della pretesa fiscale, eliminando qualsiasi traccia dell’elemento soggettivo e, quindi escludendo la consumazione del reato. Da qui l’accoglimento del ricorso.