Lo statuto dei lavoratori, all'articolo 10, prevede che i lavoratori studenti hanno diritto di fruire di permessi giornalieri retribuiti. Così, gli universitari che si assentano dal lavoro per sostenere gli esami di profitto, secondo quanto disposto dal comma 2 della predetta disposizione, percepiscono la retribuzione anche nei giorni in cui non lavorano perché devono dare gli esami.
Tale norma è spesso oggetto di specificazioni migliorative da parte della contrattazione collettiva, che tuttavia, per la Corte di cassazione (sezione lavoro, 18 settembre 2020, n. 19610), vanno interpretate in maniera tale da non comprimere eccessivamente il diritto del datore di lavoro alla prestazione lavorativa.
Si pensi alla norma del ccnl Federcasa 2002-2005, il quale, migliorando la previsione di cui all'articolo 10 dello statuto dei lavoratori, attribuisce il diritto di godere dei permessi retribuiti non solo per sostenere gli esami di profitto, ma anche per frequentare i corsi. Nel farlo, essa prevede diverse limitazioni, stabilendo ad esempio un numero massimo di ore individuali per anno e un numero massimo di dipendenti che possono usufruire del beneficio.
Per i giudici, la norma contrattuale, anche considerando le predette restrizioni, va interpretata in maniera tale da non estendere il contenuto del diritto riservato ai lavoratori studenti oltre limiti ragionevoli: così, deve ritenersi che, nel riferirsi alla frequenza di studi universitari, il ccnl intenda limitare l'utilizzo dei permessi al numero di anni coincidente con la durata del corso legale di studi, privando della possibilità di ricorrervi gli studenti universitari fuori corso.
Si tratta di una posizione conforme ad altri precedenti giurisprudenziali: in passato, ad esempio, i giudici avevano già interpretato delle previsioni contrattuali migliorative rispetto a quelle della legge numero 300/1970 nel senso di consentire la fruizione dei permessi solo per la frequenza dei corsi in orari coincidenti con quelli di servizio e non per preparare gli esami o svolgere altre attività complementari come i colloqui con i docenti.
Con l'occasione, la Corte di cassazione ha anche ricordato che l'articolo 10 dello statuto è una norma che attribuisce uno specifico diritto a tutti i lavoratori che vogliono affrontare gli esami per ottenere dei titoli riconosciuti dall'ordinamento giuridico statale senza remore di carattere economico. Tale diritto, di conseguenza, in questo senso deve avere un'applicazione ampia e la sua titolarità non può essere limitata ai soli studenti che frequentano dei corsi di studio regolari in scuole statali, pareggiate o comunque abilitate a rilasciare titoli di studio legali.