Con la risposta n. 491/2020 di ieri l'agenzia delle Entrate conferma che il contributo versato dalle aziende al Fasi per i dirigenti in pensione non concorre a formare il reddito né per questi ultimi, né per i dirigenti ancora in forza. In pratica, il caso posto all'attenzione dell'Agenzia riguarda le conseguenze sui dirigenti in servizio dei contributi versati per i dirigenti in pensione che, conformemente allo statuto del fondo, è quantificato sulla base al numero dei dirigenti in servizio.
Poiché la società interpellante, nel dubbio, ha fatto concorrere alla formazione del reddito dei dipendenti in servizio i contributi per i dirigenti pensionati (si presume pro quota) con l'interpello in commento chiede che gli venga confermato che, invece, tali contributi non costituiscono reddito per i dirigenti ancora in forza e che la società può, di conseguenza, chiedere a rimborso le ritenute Irpef che sono state erroneamente versate su talli importi.
Rifacendosi agli orientamenti pregressi sul tema, l'Agenzia precisa che:
• i contributi versati dall'azienda per i dirigenti in pensione, benché versati in relazione al numero dei dirigenti in servizio, devono essere tenuti distinti da quelli relativi a questi ultimi e il loro importo non rileva ai fini della verifica del limite complessivo di 3.615,20 euro del dirigente in servizio;
• la mancata imputazione diretta al pensionato del contributo posto a carico dell'azienda fa in modo che tale contribuzione non costituisca una componente reddituale per lo stesso;
• vista la modalità di computo dei contributi versati dall'ex datore di lavoro per i dirigenti pensionati iscritti al Fondo, questi ultimi non possono portare in deduzione i contributi versati al Fasi ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lett. a) del Tuir, ma evidentemente, potranno portare in detrazione le spese mediche sostenute per la parte che eccede 128,11 euro anche se le stesse sono state rimborsate dal Fondo (si vedano le Risoluzioni nn. 78/2004 e 167/2005).
Venendo poi al recupero presso l'erario delle ritenute Irpef versate e non dovute, l'Agenzia conferma che la richiesta di rimborso possa avvenire a opera della società ai sensi dell'articolo 38, comma 1, del Dpr n. 602/1973 e che, nel caso specifico, il “dies a quo” da cui fare partire il computo dei 48 mesi previsto dalla norma decorre dal momento dell'erroneo versamento delle ritenute. Infatti, la fattispecie è riconducibile a quelle in cui è rilevabile la totale assenza dell'obbligazione tributaria al momento del pagamento. Infine l'Agenzia, differentemente da quanto sostenuto dalla società istante, ritiene che costituisca reddito per i dirigenti interessati l'anticipo da parte della società della restituzione dell'importo delle ritenute non dovute e oggetto dell'istanza di rimborso.
La presa di posizione dell'agenzia si giustifica con il fatto che tale anticipazione non rientra tra le ipotesi di “non concorrenza” alla formazione del reddito di lavoro dipendente di cui all'articolo 51, comma 2 del Tuir e, pertanto, alle stesse dovrà applicarsi il principio di omnicomprensività di cui al comma 1 dello stesso articolo.