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Niente stipendio solo se azienda chiusa per forza maggiore

Pubblicato il 25 novembre 2020 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

La decisione di non riaprire l'azienda dopo il periodo di chiusura imposto in virtù dell'emergenza epidemiologica, sebbene motivato da antieconomicità e mancanza di redditività della ripresa dell'attività, non configura una causa di forza maggiore e non concretizza quindi un'ipotesi di impossibilità sopravvenuta.
Così ha deciso, con ordinanza del 25 settembre, il Tribunale di Bologna ordinando l'immediata riammissione in servizio di una lavoratrice, sospesa dal lavoro e dalla retribuzione anche per il periodo in cui sarebbe stata possibile la riapertura dell'attività.In un primo momento, l'azienda aveva imposto la fruizione di ferie e permessi, quindi, in virtù di una precisa disposizione del contratto collettivo, aveva sospeso la lavoratrice per causa di forza maggiore. La sospensione era proseguita, peraltro senza attivazione dell'ammortizzatore sociale Covid-19, anche allorquando l'azienda avrebbe potuto riprendere la propria attività commerciale. Di qui il ricorso in via d'urgenza della dipendente con istanza di immediata riammissione in servizio.
Il Tribunale accoglie la domanda affermando che «la decisione di non riaprire…è stata una decisione unilaterale della società convenuta che ha trovato fondamento in valutazioni di tipo logistico ed economico» e che «l'eventuale prognosi di scarsa reddività…, non integra la causa di forza maggiore, sia in quanto mera previsione, sia perché alla mancanza di redditività poteva essere rimediato con l'utilizzo della cassa integrazione». L'impossibilità sopravvenuta deve avere quindi natura oggettiva e i principi affermati dal Tribunale appaiono in linea con l'ormai costante insegnamento della Cassazione (fra tutte, sentenza 3577/1984).
Anche in tempo di emergenza pandemica, la causa di forza maggiore deve essere apprezzabile oggettivamente e sembra non poter trovare accoglimento il concetto di un'impossibilità legata a valutazioni che, benché comprensibili, afferiscono più il rischio imprenditoriale. Del resto, al momento, divieto di licenziamenti e ammortizzatori sociali emergenziali vanno a delineare un contesto in cui sembra difficile poter sostenere la legittimità della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione senza accedere alla cassa integrazione, pur disponibile.
Altra questione è poi la natura retributiva o risarcitoria che discende dall'eventuale declaratoria di illegittimità della sospensione questione: nonostante l'intervento delle sezioni unite con la sentenza 2990/2018, nella quale si è affermata la natura comunque retributiva dell'obbligazione, la questione ancora non sembra sopita (in senso contrario si veda la sentenza 14797/2019).