Nell'ambito dei rapporti di lavoro privato, il concorso indetto dal datore di lavoro per ricoprire ruoli professionali che costituiscono un avanzamento di carriera realizza una offerta contrattuale ai destinatari del bando potenzialmente interessati. Ne deriva che il datore è tenuto a gestire la procedura selettiva e a individuare, quindi, i dipendenti meritevoli della promozione seguendo le regole previste nel bando di concorso.
La Cassazione (sentenza n. 28414/2020) ha espresso questo principio osservando che nell'attuazione del concorso il datore di lavoro privato deve attenersi alle regole della correttezza e buona fede che governano ogni obbligazione, incluse quelle che scaturiscono dai rapporti di lavoro.
Il bando di concorso per l'assunzione in servizio, quello per la promozione a un incarico superiore o quello per il riconoscimento di trattamenti e benefici a favore del personale, osserva la Corte di legittimità, equivalgono tecnicamente a un'offerta al pubblico, la quale determina il sorgere di un'obbligazione nei confronti dei lavoratori cui la partecipazione al processo selettivo è indirizzata.
Non sono concetti nuovi, perché la giurisprudenza ha rimarcato in passate occasioni che il bando di concorso per l'assunzione di lavoratori, se contiene gli elementi essenziali del contratto di lavoro alla cui conclusione è diretto, costituisce offerta al pubblico ex articolo 1336 del Codice civile. A tale proposito, la norma codicistica prevede che l'offerta al pubblico valga come proposta contrattuale, se non risulta diversamente dalle circostanze o dagli usi.
L'offerta vincola, quindi, il datore di lavoro, impedendo che quest'ultimo, dopo l'avvio del procedimento, possa modificare il contenuto della selezione disegnata nel bando di concorso a detrimento dei soggetti cui l'offerta è stata rivolta. In forza delle stesse argomentazioni, la Cassazione afferma che tale regola si applica al bando di concorso indetto all'interno dell'impresa per il conferimento di un nuovo incarico.
Il caso esaminato dalla Corte era relativo alla procedura di selezione interna bandita da una società di gestioni sanitarie per l'assegnazione del ruolo di caposala. Il percorso selettivo si articolava in due fasi: l'esame dei curricula e un colloquio attitudinale con una società specializzata.
La corte d'appello di Caltanissetta, riformando la decisione di primo grado, respingeva la domanda proposta dalla lavoratrice esclusa all'esito della prova attitudinale. Era stato rilevato che, facendo corretta applicazione del percorso selettivo oggetto del bando, il datore aveva legittimamente conferito l'incarico di caposala ad altro candidato.
La Cassazione conferma l'approdo della corte territoriale, rimarcando che il bando di concorso è correttamente esercitato se il datore di lavoro, attendendosi al percorso selettivo previsto, lo ha gestito con correttezza e secondo buona fede.