Perdite 2020 con obbligo di ripianamento differito al 2025, con possibili effetti nei confronti dei credito-ri, in particolare, degli istituti di credito. È previsto che il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo stabilito dagli articoli 2446, comma 2, e 2482-bis, comma 4, è posticipato al quinto esercizio successivo, in sostanza il 2025. Si tratta di una disposizione che sposta il normale riferimento all’esercizio successivo a quello nel quale la perdita si è verificata previsto dal codice civile al 2025, prevedendo l’obbligo per l’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio di ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. Medesimo discorso nel caso di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, situazione che consente ai soci di deliberare il rinvio delle decisioni al 2025: si tratta della riduzione del capitale e contemporaneo aumento dello stesso ad una cifra non inferiore al minimo, o della trasformazione della società. Ovvero di quei casi che consentono di bypassare la messa in liquidazione della società, che altrimenti diviene obbligatoria. Sicuramente una riflessione si impone dal punto di vista della consistenza del patrimonio netto della società. Perché lo stesso sarà intaccato dalle perdite 2020 con sistemazione a cinque anni. È presumibile che le banche possano chiedere dei budget prospettici per verificare se, al di là del rinvio della sistemazione, la società dimostrerà di poter recuperare negli anni quel gap, conseguendo gli utili necessari. Altro aspetto che in tema di perdite si pone è quello relativo ai covenants finanziari che includono il patrimonio netto (ad esempio PFN/PN). Da comprendere se le banche accetteranno una disapplicazione per il solo (catastrofico) 2020.