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Contributi volontari, rimborsi tassati

Pubblicato il 06 gennaio 2021 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

La risposta a interpello n. 3/2021 dell’agenzia delle Entrate chiarisce che il rimborso del datore di lavoro al dipendente dei versamenti volontari pagati a Inps concorre alla formazione del reddito imponibile.
L’azienda istante, applicando un contratto collettivo territoriale, aveva incentivato il ricambio generazionale all’interno del proprio organico dei lavoratori più vicini a pensione (distanti non più di 24 mesi) grazie a una riduzione dell’orario di lavoro con patto di part-time. A fronte di tale riduzione della retribuzione, l’azienda si sarebbe fatta carico del costo dei versamenti volontari pagati però dal lavoratore per raggiungere l’ammontare pieno della contribuzione Inps (pari a quella maturata nel caso di full-time). Il rimborso avveniva direttamente in busta paga a fronte della presentazione delle ricevute di pagamento.
Nella richiesta d’interpello, l’azienda propone due differenti letture, fra loro alternative, per arrivare alla non imponibilità delle somme: per prima cosa ne viene esclusa la natura retributiva e poi, in alternativa, qualora fossero ritenute rientranti nella categoria dei redditi di lavoro dipendente, la concorrenza alla formazione del reddito sarebbe esclusa considerandole rientranti in un vero e proprio piano welfare ai sensi della lett. f dell’articolo 51, comma 2, del Tuir in quanto oneri di utilità sociale.
L’amministrazione finanziaria classifica tale rimborso all’interno delle somme e dei benefit che rientrano nella definizione dei redditi di lavoro dipendente; allo stesso modo, l’Agenzia esclude anche l’applicabilità della lett. f del comma 2 dell’articolo 51 del Tuir in quanto, in questo caso, per determinare la non concorrenza reddituale è necessario che la spesa per i beni e servizi fruiti dal lavoratore sia direttamente sostenuta dal datore di lavoro, senza alcuna possibilità di rimborso (lecito, invece, nei casi delle lett. f-bis ed f-ter).
Va poi specificato come, per godere di tale beneficio, sarebbe stata da provare anche l’identificazione di una platea omogenea di dipendenti beneficiari del benefit e la sua intrinseca finalità di assistenza sociale, non del tutto evidente. L’Agenzia ha anche escluso che in questo caso possa essere applicata l’ipotesi di non concorrenza reddituale di cui alla lett. h del comma 2 dell’articolo 51, in quanto in questo caso gli oneri sostenuti dal dipendente e da lui versati all’Inps gli vengono restituiti dal datore di lavoro, mentre la norma prima citata facendo intervenire il datore di lavoro nel versamento dell’onere al soggetto destinatario dello stesso (Inps oppure ex coniuge in caso di assegni erogati per il suo mantenimento) ha solo lo scopo di evitare che il dipendente presenti la dichiarazione dei redditi al solo fine di godere degli oneri deducibili.
Su questo tema, va ricordato un esperimento simile con cui il gruppo Luxottica (Circolare Inps n. 96/2016) procedeva al versamento della contribuzione volontaria sulla quota a integrazione della riduzione dell’orario di lavoro per conto dei lavoratori coinvolti in un percorso di staffetta generazionale analogo a quello dell’interpello.

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