La corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 2164/2021, depositata il 1° febbraio, è tornata sul tema del diritto dei lavoratori a vedersi riparato il “danno pensionistico” causato dall'omissione dei contributi da parte del datore di lavoro.
Il caso oggetto del contenzioso era quello di una lavoratrice subordinata, la quale aveva rilevato una omissione contributiva estesa dal 2007 all'ottobre del 2010 e richiesto la regolarizzazione dei periodi privi di contribuzione direttamente all'Inps, ritenendo l'Istituto responsabile di avere lasciato decorrere i termini di prescrizione della contribuzione e di non avere recuperato i contributi in tempo.
Nel primo grado di giudizio, la corte territoriale aveva dato ragione all'Inps, ritenendo l'Istituto non responsabile e consentendo che lo stesso recuperasse i contributi dagli eredi del datore di lavoro. La Corte d'appello di Genova nel 2015 aveva accolto poi il ricorso della lavoratrice, respingendo la pretesa di Inps del recupero di tale contribuzione sugli eredi del datore di lavoro ormai scomparso e ritenendo l'Istituto responsabile del danno pensionistico patito dalla ricorrente.
La Cassazione ha bocciato la lettura della Corte d'appello di Genova, che aveva dato ragione alla lavoratrice sulla base dell'orientamento espresso nella sentenza n. 7459/2002 della stessa Suprema corte. Nella sentenza richiamata la responsabilità a riparare l'omissione contributiva era passata all'Inps in quanto aveva lasciato trascorrere i tempi di prescrizione dei contributi e, nel frattempo, non era più accessibile al lavoratore la costituzione di rendita vitalizia (ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 1338/1962), né il risarcimento del danno pensionistico (invocabile in base all'articolo 2116, comma 2, del Codice civile).
Per la Cassazione, non sussistendo le stesse condizioni previste dalla sentenza del 2002, nessuna responsabilità rimane in capo a Inps; allo stesso modo la Corte ha cassato in questa casistica l'applicabilità del principio di automaticità delle prestazioni ex articolo 2116 del Codice civile in relazione alla richiesta di una ricongiunzione contributiva, invocato attraverso il richiamo a un'ulteriore pronuncia del 2002 (Cass. Civ. Sent. n. 5767/2002).
Il ricorso di Inps è dunque accolto dalla Cassazione, sottolineando come il diritto alla “riparazione” della posizione assicurativa danneggiata dall'omissione contributiva del lavoratore generi sempre, come primaria conseguenza, l'obbligazione al versamento tardivo da parte del datore di lavoro intimata dall'Istituto previdenziale. In questa ottica, il risarcimento di Inps in caso di inerzia dell'Istituto, così come la costituzione di rendita vitalizia o il risarcimento del danno pensionistico, possono essere azionati solo in presenza dei rispettivi requisiti (come la prescrizione della contribuzione, nell'ultimo caso).