Con un approfondimento del 4 marzo 2021, la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro torna ad intervenire riguardo la presunta obbligatorietà dell’accordo sindacale ai fini della concessione della cassa integrazione in deroga. A parere della Fondazione, infatti, l’unico obbligo che incombe sul datore di lavoro che intende accedere alla cassa integrazione in deroga, così come per la misura ordinaria, è quello di informare in via preventiva i sindacati di tale sua intenzione, e di partecipare all’esame congiunto, laddove questo sia richiesto nei termini previsti dalla legge (nello specifico tre giorni dalla informativa).
E’ dunque sufficiente che il datore di lavoro abbia sollecitato in via preventiva l’esame congiunto con i sindacati, e vi abbia effettivamente partecipato laddove vi sia stata l’adesione nei tre giorni previsti dalle norme emergenziali, senza che possa essere altrimenti imposto un “accordo” artificiale che, proprio perché fondato sulla volontà delle parti, soggiace alla libertà delle determinazioni di queste e non può costituire condicio sine qua per l’autorizzazione ad una misura come la cassa integrazione in deroga.
Già con riferimento alle disposizioni dettate dal decreto “Cura Italia”, il legislatore aveva fatto riferimento alla necessità che tale accordo dovesse essere concluso con le “organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro”. Appare inammissibile anche soltanto poter pensare che l’obbligo che incombe sui datori di lavoro non sia soltanto quello di provvedere alla consultazione sindacale, bensì quello di dover pervenire obbligatoriamente ad un “accordo”.
Lo stesso INPS, con la circolare n. 47 del 28 marzo 2020, ricordando che i datori di lavoro con dimensioni aziendali fino a cinque dipendenti sono esonerati dall’accordo, ha chiarito che “si considera, altresì, esperito l’accordo con la finalizzazione della procedura di informazione, consultazione ed esame congiunto.