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Rivalutazione civilistica al test del saldo attivo

Pubblicato il 08 marzo 2021 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

Uno dei motivi di maggiore attrattiva della rivalutazione di cui all’articolo 110, D.L. 104/20 risiede nel fatto che essa può essere eseguita in ambito meramente civilistico, quindi senza dar luogo a versamenti di imposta sostitutiva e, per contro, senza alcun riconoscimento fiscale del valore incrementato del bene. Per le società di persone e per le imprese individuali la rivalutazione dei beni d’impresa in chiave meramente civilistica permette di risolvere l’annosa problematica dell’eccedenza di prelevamenti dei soci o del titolare rispetto al patrimonio netto disponibile. La procedura che però è messa in dubbio, dalla Cassazione con l’ordinanza n. 3440/2021. La tesi della Suprema corte è che il venir meno della posta «Credito da prelevamenti» generi un imponibile di pari importo tassabile. L’Agenzia delle entrate ha riconosciuto (circolare n. 22/E/2009, § 5) che il saldo attivo della rivalutazione meramente civilistica ha natura di riserva di utili non in sospensione d’imposta, che viene tassato in capo al socio di società di capitali (quale dividendo). Mentre «il prelevamento o la distribuzione del saldo attivo da parte dell’imprenditore individuale o di una società di persone in contabilità ordinaria è, invece, irrilevante ai fini della tassazione». Se invece di operare come sopra descritto, l’imprenditore - dopo aver eseguito la rivalutazione - avesse restituito i prelevamenti e l’attimo dopo avesse prelevato il saldo attivo da rivalutazione, nessuno avrebbe potuto contestare la formazione di un imponibile.

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