Non è di per sé nullo per indeterminatezza o iniquità del compenso, senza una verifica caso per caso, il patto di non concorrenza nel quale la misura del corrispettivo dovuto al lavoratore, a fronte delle limitazioni cui il medesimo si assoggetta nella ricerca di nuove opportunità professionali, varia in funzione della durata del rapporto di lavoro. In altri termini, non è astrattamente in contrasto con la previsione dell'articolo 2125 del Codice civile, a norma del quale il patto di non concorrenza è nullo se non risulta pattuito un corrispettivo a favore del dipendente, la clausola contrattuale che definisca il compenso individuando un importo complessivo, la cui integrale maturazione presuppone, tuttavia, una durata minima del rapporto, con conseguente proporzionale riduzione del compenso se il contratto di lavoro si estingue in data anteriore.
La Cassazione ha tracciato questi confini (ordinanza 5540/2021 ) osservando, in linea con un consolidato indirizzo, che il corrispettivo del patto di non concorrenza, anche se stipulato contestualmente al contratto di lavoro, è una componente economica diversa e distinta dalla retribuzione. Stante questa sua qualificazione, la prestazione economica a carico del datore, in linea con i requisiti civilistici dell'oggetto del contratto, deve essere determinata o determinabile nel suo ammontare. Aggiunge la Suprema Corte che la sanzione della nullità colpisce il patto di non concorrenza nel caso di compensi simbolici, ovvero di compensi manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore nella ricerca di una futura collocazione professionale ed alla riduzione delle sue prospettive di guadagno.I due piani, quello relativo alla nullità del patto di non concorrenza per indeterminatezza del corrispettivo e quello collegato alla iniquità del corrispettivo, vanno tenuti distinti. Il primo si riferisce, infatti, ai requisiti che deve possedere l'oggetto del contratto in generale (articolo 1346 del Codice civile), mentre il secondo attiene ai requisiti specifici del patto di non concorrenza attivato nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato (articolo 2125 del Codice civile).
Su queste premesse, la Cassazione censura la sentenza della Corte d'appello di Milano, che aveva dichiarato la nullità del patto di non concorrenza per indeterminatezza del corrispettivo da cui, sempre ad avviso della corte meneghina, sarebbe derivato un assetto contrattuale sbilanciato a favore del datore di lavoro.La Cassazione rimarca che i due piani sono, e vanno tenuti, distinti, riconoscendo la compatibilità della previsione di un compenso determinato nella sua progressione in base alla permanenza del dipendente nella compagine aziendale. Su tale presupposto, viene fatto rinvio al giudice d'appello affinché valuti l'effettiva determinatezza del corrispettivo in concreto previsto nel patto di non concorrenza in funzione del tempo minimo di permanenza nel rapporto e, quindi, la sua congruità rispetto alle limitazioni poste a carico del lavoratore.