Con l’approssimarsi della redazione dei bilanci 2020, il tema della rivalutazione dei beni assume notevole rilevanza. E in particolare diventa importante decidere con quale metodo eseguire l’incremento del valore del bene: questione tipicamente contabile, ma con notevoli riflessi fiscali. I metodi di rivalutazione sono 3, codificati dall’articolo 5, D.M. 162/2001; mentre i criteri rivalutativi sono 2 (valore d’uso “interno” e valore di mercato “esterno”): l’obbligo di uniformarsi a un unico riferimento vale solo per il criterio (articolo 4, comma 8, D.M. 162/2001) e non per i metodi. Il primo metodo rivalutativo, e certamente quello più semplice, è incrementare il costo storico del bene del saldo attivo. Il secondo metodo è il più
complicato e l’unico che permette di rispettare la prevista vita utile del bene. Consiste nella rivalutazione sia del costo storico sia del fondo di ammortamento, assicurandosi che il differenziale tra i due rispetti il tetto dal valore massimo rivalutabile. L’ultimo metodo consiste nella mera riduzione del fondo di ammortamento, che comporta l’allungamento della vita utile del bene e lo stanziamento di quote annuali non particolarmente elevate poiché parametrate al costo storico. Un metodo semplice e interessante per le imprese che non avendo un utile significativo non intendono comprimerlo troppo con ammortamenti elevati.