La Corte di cassazione (sentenza 9828/2021), nel confrontarsi con la questione dei licenziamenti collettivi, ha ricordato che, laddove vengano violati i criteri di scelta dei lavoratori, il recesso deve ritenersi annullabile e non nullo. Tale qualificazione ha dei notevoli risvolti pratici, che vengono in rilievo se solo si considera che l'azione per l'annullamento non può essere proposta da chiunque abbia interesse ad agire, in quanto la sua titolarità è esclusivamente di coloro vantano un interesse di diritto sostanziale.
Ciò vuol dire, in termini più semplici, che possono domandare l'annullamento di un licenziamento per violazione dei criteri di scelta esclusivamente i lavoratori in ordine ai quali tale violazione abbia influito sulla collocazione in mobilità e non tutti i lavoratori licenziati.
I giudici di legittimità sono andati oltre, soffermandosi anche sulla distinzione tra inefficacia e annullabilità: il licenziamento collettivo, come appena detto, è annullabile per violazione dei criteri di scelta, mentre risulta inefficace laddove sia intimato senza l'osservanza della forma scritta o in violazione delle procedure richiamate dall'articolo 4, comma 12, della legge numero 223/1991. Va tuttavia considerato che, come ricordato dalla Corte di cassazione, gli eventuali vizi della comunicazione possono essere comunque sanati a ogni effetto di legge attraverso un accordo sindacale concluso nella medesima procedura di licenziamento collettivo. Insomma: il licenziamento privo di forma scritta deve ritenersi inefficace di per sé sulla base dei principi generali, mentre per il resto il difetto di efficacia può essere ipotizzato solo se non risultano rispettate le procedure previste dalla legge.
Gli eventuali vizi della comunicazione alle rappresentanze sindacali, invece, possono essere sanate nell'ambito dell'accordo con i sindacati. Tutto ciò trova conferma anche dal punto di vista sanzionatorio: se, infatti, per il licenziamento intimato senza l'osservanza della forma scritta è prevista l'applicazione della tutela reale piena delineata dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, in caso di violazione delle procedure dell'articolo 4, comma 12, della legge 223/1991 si applica il regime di cui al terzo periodo del settimo comma dell’articolo 18, mentre in ipotesi di violazione dei criteri di scelta si applica il regime della tutela reale attenuata.