Dopo la L. 205/2017, l’art. 6 comma 6 del DLgs. 471/97 così prevede: “In caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’anzidetto cessionario o committente è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro”.
Si tratta, fermo restando quanto si esporrà, del caso in cui, a qualsiasi titolo, viene applicata un’IVA superiore alla dovuta: errore di aliquota, operazioni esenti, non imponibili o escluse.
L’intervento intende evitare un susseguirsi di situazioni che sfiorano il grottesco, ovvero:
•conseguenze sanzionatorie per il cessionario che detrae, sia pure temperate dal cumulo giuridico (sanzione del 90% da indebita detrazione, a cui si aggiunge la sanzione dal 90% al 180% per la dichiarazione infedele);
•richiesta (civilistica) di restituzione dal cessionario al cedente, soggetta a termini di prescrizione;
•domanda di rimborso dell’IVA erroneamente addebitata all’Erario da parte del cedente.
•E infine: il rimborso spesso viene negato in quanto per l’Erario sono decorsi i termini ex art. 30-ter del DPR 633/72, il che apre le porte ad un contenzioso peraltro di esito incerto.
Il tutto è evitato mediante la L. 205/2017: il cessionario detrae, è soggetto a sanzioni fisse e i problemi indicati non emergono nemmeno.
È nota la tenacia con cui la giurisprudenza, sin dall’entrata in vigore della novità, ha tentato di ridurne l’ambito applicativo, sino a giungere, dal punto di vista della detrazione, al suo sostanziale azzeramento.
Dapprima, si è detto che la norma non è retroattiva (Cass. 24 maggio 2019 n. 14179), poi è intervenuto smentendo ciò il DL 34/2019.
Sia in sede di merito (C.T. Prov. Milano n. 5497/10/18, C.T. II grado Trento n. 20/1/19) sia in sede di legittimità (Cass. n. 24289/2020) si è affermato che la locuzione “imposta in misura superiore a quella effettiva” va intesa come circoscritta solo all’errore di aliquota.
Da ultimo, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10439 del 21 aprile, ha sancito che l’art. 6 comma 6 citato va interpretato nel senso che, in caso di IVA addebitata in eccesso, rimane ferma la detrazione dell’importo corretto, e non dell’intero importo. Dunque, se, in luogo dell’aliquota del 4%, è applicata l’aliquota del 20%, la detrazione spetta per il 4%.