L'Amministrazione finanziaria di recente si è pronunciata sulle operazioni di leverage cash out e sull'utilizzo abusivo di tali operazioni con riferimento alla cessione delle partecipazioni da parte di una persona fisica che ha in precedenza rivalutato il costo fiscale versando l'imposta sostitutiva anziché il 26% come nei recessi tipici. L'Agenzia delle entrate però non tratta mai il caso in cui la società partecipata non ha un patrimonio netto distribuibile capiente per effettuare la diversa operazione ipotizzata dalla stessa Agenzia. Per poter dare una risposta, bisogna partire da una analisi civilistica dell'istituto del recesso nelle società di capitali (articoli 2437-quater e 2473, cod. civ.). Nei casi in cui ci sia l'obiettiva incapienza delle riserve disponibili a liquidare la quota del recedente, tale circostanza diventa una valida motivazione di natura extrafiscale in grado di conferire legittimità alla vendita, senza la riqualificazione in recesso tipico; ciò a maggior ragione in tutti i casi in cui si possa riscontrare un effettivo change of control con un dimostrabile ridimensionamento dei diritti patrimoniali del venditore. In conclusione, non risulta che l'Agenzia delle entrate abbia mai preso questa deriva imputando al contribuente di non aver posto in essere operazioni lesive fino a comprometterne la continuità aziendale al solo fine di ridurre l'onere fiscale dovuto.