La tecnica di rivalutazione è uno degli argomenti di maggiore discussione, poiché l’adozione di uno dei 3 criteri di riferimento (aumento del costo storico, aumento contemporaneo del costo storico e del fondo, riduzione del fondo ammortamento), ovvero di una miscela di questi, porta a importanti conseguenze, tanto in termini di variazione della vita utile residua, che di ottimizzazione del profilo fiscale in termini temporali. Non va neppure dimenticato l’importante principio relativo all’importo massimo della rivalutazione, che ha un connotato contabile diverso da quello di natura fiscale. Dal punto di vista civilistico-contabile, infatti, analizzando il documento interpretativo Oic 7 del 31 marzo 2021 si nota che per individuare il limite massimo della rivalutazione si può utilizzare sia il criterio del valore d’uso sia quello del valore di mercato. Il profilo fiscale è invece più complesso, perché una seconda esigenza, dettata, evidentemente, dalla volontà di evitare che l’importo su cui l’impresa calcolerà i futuri ammortamenti “lieviti” in maniera poco ortodossa. La circolare n. 14/E/2017, riprendendo un concetto già espresso in passato (fin dalla circolare n. 18/E/2006), ricorda che «resta inteso che la rivalutazione effettuata secondo le modalità sub 1) e sub 2) non potrà mai portare il costo rivalutato del bene ad un valore superiore a quello di sostituzione», intendendo con quest’ultimo valore quello «di acquisto di un bene nuovo della medesima tipologia, oppure il valore attuale del bene incrementato dei costi di ripristino della sua originaria funzionalità».