L’Inps non considera più in malattia chi è costretto alla quarantena per contatto con una persona positiva al Covid-19. In pratica, chi si ritrova a casa in isolamento potrà perdere fino a metà dello stipendio mensile, dal momento che si possono fare fino a 14 giorni di quarantena. Il presidente dell’Istituto Pasquale Tridico ha chiarito in una nota (ma si veda anche il messaggio Inps 1667 del 23 aprile 2021, e da ultimo, il messaggio Inps 2842 del 6 agosto 2021, per le conferme e le precisazioni del caso) che «il legislatore non ha previsto un nuovo stanziamento per prorogare la tutela della quarantena». Il lavoratore che sia posto in isolamento fiduciario perchè venuto in contatto con una persona positiva al Covid-19 deve considerarsi in aspettativa e/o in sospensione non retribuita. Cadendo il presupposto della malattia, inoltre, l’assenza non influisce più sul calcolo del periodo di comporto, per la conservazione del posto di lavoro.
La normativa speciale Covid- 19 stabiliva che i periodi trascorsi in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria:
- per gli individui che avevano avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva;
- per coloro che avevano fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico, come identificate dall’Organizzazione mondiale della sanita (nonché per tutta l’ampia casistica correlata);
fossero equiparati alla malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla «normativa di riferimento», ma entro limiti di spesa e stanziamenti che, allo stato, non sono più previsti, e che escludono quindi ogni copertura per i dipendenti “quarantenati” nel 2021. La normativa di emergenza prevedeva anche che i periodi di assenza per quarantena fossero esclusi dal computo del periodo di comporto.
Le assenze di cui sopra, invero, sono potenzialmente contenute nel tempo, ma occorre considerare che la durata di possibili alterazioni morbose ulteriori, per un soggetto che abbia anche contratto il virus e superato il contagio, non è ancora esattamente prevedibile.
Gli stati patologici e morbosi, quale possibile e presumibile diretta conseguenza di una infezione di Covid-19, non contratta in occasione di lavoro, sono sicuramente da ascriversi alla tutela sanitaria ed economica/normativa della malattia, purché certificati quale malattia conclamata, ma non godono, a rigore, dell’esenzione dal calcolo del comporto.
Le coperture di esclusione dal calcolo del comporto nella normativa emergenziale, non operavano per il contagio Covid-19, ma per l’esposizione a rischio di contagio, sulla base di situazioni selettive in funzione preventiva del rischio di contrazione della malattia e del connesso pericolo di vita. Si badi bene: nessuno dei casi citati riguardava lavoratori costretti ad assentarsi dal posto di lavoro per aver contratto il Covid-19.
Al contrario, la finalità della norma era quella di garantire una tutela economica ai soggetti che, pur non essendo malati, venivano costretti a casa da un provvedimento della Pubblica autorità o a causa dell’elevato rischio alla vita e all’integrità fisica che avrebbero corso in caso di infezione.