Le imprese in contabilità ordinaria che hanno operato la rivalutazione dei beni d’impresa nel bilancio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 - scegliendo l’opzione fiscalmente onerosa e con affrancamento della riserva ai sensi dell’articolo 110, comma 3, D.L. 104/2020) - si interrogano sui comportamenti da tenere dopo la risposta a interpello 539/2021. In tale documento l’Agenzia, trattando un caso di riallineamento da parte di un soggetto Ias (ma nulla cambierebbe ipotizzando una rivalutazione anche da parte di un soggetto Oic-adopter), ha ribadito che “la base imponibile - da assumere per la determinazione dell’imposta dovuta in caso di affrancamento del saldo attivo risultante dalla rivalutazione - deve essere considerata al lordo dell’imposta sostitutiva versata per il riconoscimento fiscale degli effetti della rivalutazione”. Che fare a questo punto? Una prima ipotesi (prudenziale) prevede – nel caso in cui i termini di versamento della prima o unica rata del tributo siano già scaduti - il ravvedimento operoso, versando la quota mancante con interessi e sanzioni ridotte (interessi e sanzioni non sono ovviamente dovuti quando si è ancora nei termini). Eventualmente si potrà presentare separatamente istanza di rimborso. Diversamente, alcune imprese potrebbero decidere di non procedere ad alcun ulteriore versamento, rischiando un accertamento ove non vi fosse, nel frattempo, alcun ripensamento.