Che cosa accade nel caso di mancata applicazione del contratto nazionale del contraente principale? La nota 1507 del 2021 affronta anche il profilo delle conseguenze nei confronti del subappaltatore. Se, infatti, nell’ambito dell’attività di vigilanza si riscontrano, in relazione ai singoli istituti retributivi o normativi (ad esempio ferie, permessi, orario di lavoro, disciplina delle tipologie contrattuali), condizioni inferiori rispetto a quelle previste dal contratto applicato dall’appaltatore, sarà possibile adottare il provvedimento di disposizione ex articolo 14 del Dlgs 124/2004, inteso a far adeguare il trattamento da corrispondere per tutto il periodo di impiego nell’esecuzione del subappalto.
L’adeguamento retributivo, inoltre, comporterà anche una rideterminazione dell’imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali. Infatti, il Dl 338/1989 impone che il calcolo della contribuzione obbligatoria vada effettuato applicando, qualora superiore, l’importo delle retribuzioni previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale della categoria in cui opera l’impresa. Sui differenziali retributivi e contributivi non corrisposti si consolida il regime di responsabilità solidale previsto dall’articolo 29 del Dlgs 276/2003, richiamato dall’articolo 105 del Codice dei contratti.
Sul fronte sanzionatorio, invece, le sanzioni per accertato appalto illecito trovano applicazione nei soli confronti dello pseudo-appaltatore o subappaltatore privato. La circolare 10/2018 ricorda, per i datori di lavoro privati, che l’appalto non genuino è punito con la sanzione di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro, sia nei confronti dello pseudo-appaltatore, sia nei confronti del committente. Gli adempimenti retributivi e contributivi messi in atto dall’appaltatore escludono la possibilità di applicare la sanzione per lavoro nero o le altre sanzioni legate alla costituzione o alla gestione del rapporto di lavoro (interpello Lavoro 27/2014).
Il legislatore ha lasciato alla libera scelta del lavoratore di chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro con l’appaltatore in caso di appalto illecito. Pertanto, nell’ipotesi di mancato pagamento della retribuzione e in assenza della costituzione del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore, il provvedimento di diffida accertativa potrà essere adottato esclusivamente nei confronti dello pseudo-appaltatore. Sul piano invece del recupero contributivo l’unico rapporto di lavoro rilevante verso l’ente previdenziale è quello intercorrente con il datore di lavoro effettivo.
Ne consegue che una volta accertato l’appalto illecito, gli obblighi in materia di assicurazioni sociali gravano per intero sul datore di lavoro che utilizza la prestazione. L’imponibile contributivo, in questo caso, sarà calcolato con riguardo al contratto applicato dal committente, fatta salva l’incidenza satisfattiva dei pagamenti effettuati dallo pseudo-appaltatore. Qualora il recupero contributivo non vada a buon fine nei confronti del committente, l’ammontare dei contributi potrà essere richiesto in capo allo pseudo- appaltatore.