Il perdurare della crisi pandemica nel corso del 2021 ha indotto il Legislatore a prolungare di un’annualità la norma in materia di protezione delle perdite di esercizio. Così, con il D.L. 228/2021, si è ampliata la portata dell’articolo 6, D.L. 23/2020, sancendo l’inoperatività di alcune norme che riguardano la sussistenza del capitale minimo per le società di capitali. Può essere dunque utile focalizzare l’analisi su uno degli elementi della norma protettiva: cioè l’obbligo di mettere in liquidazione la società che ha visto azzerato il proprio capitale a causa di perdite di esercizio, previsto dall’articolo 2484, punto 4, cod. civ.. Ma il vero dubbio attiene al significato di “inoperatività” delle norme citate nell’articolo 6, D.L. 23/2020. Sembra di poter dire che l’inoperatività della causa di scioglimento vale se la società decide di utilizzarla, mentre non vale in caso contrario. Più precisamente: la sospensione delle norme civilistiche opera in senso assoluto fino a quando l’assemblea dei soci convocata per l’approvazione del bilancio non si esprime. Inoltre, la prassi operativa porta nel senso che si registrano casi in cui il Registro Imprese accoglie le istanze di accertamento di causa di scioglimento per perdite che riducono il capitale al di sotto del limite legale, non opponendosi alla successiva messa in liquidazione per effetto di un atto ricognitivo dell’organo amministrativo (quindi per le Srl senza intervento notarile). Organo che, attestata l’indisponibilità dei soci alla ricapitalizzazione ed alla trasformazione societaria, convoca l’assemblea per ufficializzare lo status di liquidazione e la conseguente nomina dei liquidatori