Dalla lettura combinata delle più recenti risposte a interpello (n. 788/2021, n. 397/2022 e n. 437/2022) si conclude che ai fini delle imposte sul reddito, alle operazioni in valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano quelle in valute tradizionali; quindi, si deve fare riferimento all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), Tuir; ai fini del monitoraggio fiscale, le criptovalute devono sempre essere indicate nel quadro RW a eccezione del caso in cui queste siano detenute in wallet intrattenuti presso una società italiana che presta servizi relativi a cripto-attività. Per quanto riguarda le imposte sui redditi, le cessioni a pronti e i prelievi di valute virtuali generano plusvalenze e minusvalenze da indicare nel quadro RT della dichiarazione nei periodi d’imposta in cui la giacenza dei portafogli elettronici (ma si dovrebbero comprendere anche i conti e depositi in valute tradizionali) complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, sia superiore a 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi continui. Il reddito imponibile è dato dalla differenza fra l’importo ceduto o prelevato, convertito al cambio del giorno dell’operazione, e lo stesso importo convertito al cambio del giorno dell’acquisto, utilizzando il Lifo come criterio di flusso. Le cessioni a termine di valute virtuali sono, invece, sempre rilevanti ai fini del capital gain.