Il nuovo codice ha aggiunto un ulteriore istituto al già nutrito elenco degli strumenti atti a fronteggiare la crisi d’impresa e l’insolvenza: il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione. Per l’approvazione è sempre necessaria l’unanimità delle classi; però, non si richiede il rispetto né della regola per cui il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i propri beni, presenti e futuri, né dell’ordine delle legittime cause di prelazione. L’assenza di questi 2 vincoli dà al debitore un’ampia libertà nella costruzione del piano, accentuata dal fatto che le soluzioni liquidatorie non sembrano subordinate a livelli mi-nimi di soddisfacimento né ad apporti di finanza esterna. Nella disciplina del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione mancano disposizioni speciali con riguardo al trattamento dei crediti tributari e contributivi, né sono richiamate le norme dettate in materia per gli accordi di ristrutturazione e per il concordato preventivo. Non potendo profittare del cram down fiscale, occorrerà procurarsi l’assenso dell’Agenzia e degli enti previdenziali, il cui atteggiamento nei confronti del nuovo istituto rappresenta, a oggi, una significativa incognita, probabilmente di per sé sufficiente a disincentivarne l’adozione da parte di tutti i soggetti incapaci di ripianare integralmente l’esposizione erariale nel breve termine concesso dalla legge.