La Corte di Giustizia Ue, con la sentenza del 4.5.2023, relativa alla causa C-127/22, ha affermato che, nel caso di beni dell'impresa divenuti inutilizzabili e poi venduti come rifiuti, ovvero distrutti volontariamente dal soggetto passivo, non sussiste l'obbligo di rettificare in diminuzione la detrazione dell'IVA assolta "a monte".
Nel primo caso, infatti, i beni risultano comunque ceduti a terzi con applicazione dell'IVA e, quindi, ai fini della detrazione, si considerano utilizzati nell'ambito di attività economiche soggette a imposta. Non rileva il fatto che la vendita non rientri nell'attività abituale del soggetto passivo o che il valore di realizzazione dei beni risulti ridotto rispetto a quello iniziale. Nel caso della distruzione volontaria dei beni, la rettifica non è comunque dovuta, ma a condizione che:
- la distruzione sia debitamente provata o giustificata (art. 185 paragrafo 2 della direttiva 2006/112/CE);
- il bene abbia oggettivamente perso qualsiasi utilità nell'ambito delle attività economiche del soggetto passivo.
Si equipara alla fattispecie della distruzione nei termini dell’art. 185 par. 2 citato anche lo smaltimento di un bene, purché implichi concretamente la sua sparizione irreversibile. Il nostro ordinamento, all’art. 19-bis2 DPR 633/72 non contiene alcuna disposizione con riguardo alla distruzione dei beni d’impresa; in termini sistematici, pertanto, rileva quanto stabilito dalla direttiva comunitaria.